La qualità della vista nel postoperatorio: un obiettivo fondamentale per il chirurgo oculare e che, come ci racconta nella nostra intervista il dott. Antonio Randazzo, nel caso della chirurgia della cataratta ha molte chance di essere pienamente raggiunto, anche grazie alle tecnologie più avanzate e alla IOL EDOF, che assicurano una visione ottimale a tutte le distanze.
Ci racconta come è approdato all’Oftalmologia e ci descrive il suo profilo professionale attuale?
Ho ricevuto una dose di passione professionalità da mio padre, il dott. Salvatore Randazzo, e quindi possiamo dire che sono “figlio d’arte”.
Dopo un percorso istituzionale presso l’Università di Catania, ho poi affidato alla sanità francese il mio iter formativo, dapprima ricoprendo dei ruoli di formazione universitaria, in qualità di FFI (Faisant Fonction d’interne) e Assistant des Hôpitaux, e successivamente al termine della formazione sono stato ingaggiato come medico strutturato, Praticien Hospitalier.
Ho avuto per circa 2 anni l’onore di guidare il servizio di chirurgia vitreo-retinica dell’ospedale di Le Mans (CH Le Mans).
Al rientro in patria ho avviato diverse collaborazioni chirurgiche in varie strutture del territorio.
Ci racconta un caso clinico inconsueto o particolarmente complesso, che è riuscito a gestire e risolvere?
Ci troviamo di fronte ad un paziente di 65 anni, ipermetrope di +2.75 D ed astigmatico di 1.50 D in OD e +3.5 D con -1.75D in OS (occhio dominato) con cataratta bilaterale.
Il paziente esprime il desiderio di impiantare una IOL che possa, per quanto possibile, eliminare i difetti visivi.
Nel corso del preparatorio ci rendiamo conto di avere tutti i parametri congrui per l’impianto di un sistema Fusion (Mini WELL in OD e Mini WELL Proxa in OS con miopizzazione di -0.25).
Purtroppo, eseguendo la pupillometria dinamica ci rendiamo conto che l’angolo K risulta elevato in OD (Ph. 1).
In accordo con il paziente e spiegati ampiamente tutti i dettagli della procedura, si decide di procedere all’intervento eseguendo una modifica chirurgica dell’angolo K contestualmente all’impianto della IOL.
Tale modifica consiste nell’eseguire 3 piccole sfinterotomie iridee dopo l’impianto della IOL (Ph. 2).
Nel post operatorio si vede bene come la pupilla risulta ben centrata al vertice corneale (Ph. 3) tale da consentire alla IOL di assolvere perfettamente la sua funzione di estensione focale (EDOF).
Il risultato finale, una volta operato anche l’altro occhio, è stato ampiamente apprezzato dal paziente che non porta più occhiali se non sporadicamente una lente a tempiale premontata di sf +1 per il bricolage.
Qualche suggerimento per i giovani colleghi che cominciano il loro percorso in Oftalmologia.
L’iter formativo di un chirurgo refrattivo deve essere basato su un’ottima padronanza della facoemulsificazione ed affiancato da una base teorica di tutta la semeiotica del segmento anteriore.
Oggi qualsiasi chirurgo refrattivo dovrebbe disporre del massimo della tecnologia per eseguire in maniera standardizzata tali procedure, come ad esempio usare biometri di nuova generazione o sistemi di allineamento elettronico della IOL.
Ma tutto questo da solo non basta perché per scegliere la migliore soluzione refrattiva del singolo paziente c’è anche bisogno di comprendere dapprima la psicologia e le aspettative del paziente stesso per poi successivamente spiegare in maniera chiara vantaggi e limiti della procedura.
Nella discussione preoperatoria bisogna evitare scenari miracolistici, ma al tempo stesso rassicurare il paziente con la propria serietà ed esperienza maturata sul campo.
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