Una piccola modifica chimica allunga la durata dell’efficacia dei farmaci
1, 2, 3 gocce di un collirio? Quante dosi al giorno sono necessarie per ogni farmaco? La risposta sta, tra le altre cose, nei processi di clearance metabolica e può anche accadere che una parte delle sostanze attive presenti in un farmaco vengano eliminate prima che abbiano potuto produrre tutti i loro effetti
Esiste, tuttavia, qualche stratagemma che consente di prolungare l’efficacia dei farmaci? La risposta è sì e consiste in un “trucco” che interviene sulla struttura atomica, senza modificare le proprietà del prodotto. Ma vediamo in dettaglio.
Come è noto, le proprietà chimiche di un atomo sono determinate dai suoi elettroni, che interagiscono con quelli degli altri atomi. Gli elettroni sono in numero uguale ai protoni che costituiscono il nucleo, che nel suo complesso ha carica elettrica 0 in quanto i protoni hanno carica positiva, mentre gli elettroni hanno carica negativa. Il numero degli elettroni identifica univocamente un “elemento” chimico. Nel nucleo, tuttavia, oltre agli elettroni sono presenti i neutroni, che non possiedono alcuna carica elettrica. Atomi di uno stesso elemento possono avere un numero differente di neutroni, il che determina una lieve variazione della loro massa, ma in genere non ne altera le proprietà chimiche. L’unica eccezione è l’idrogeno: se al normale atomo di idrogeno si aggiunge un neutrone si ottiene il deuterio, che presenta importanti differenze sul piano dei legami chimici. In particolare il deuterio forma con gli atomi di carbonio dei legami più forti rispetto a quelli costituiti dal normale idrogeno. In molti casi la clearence metabolica dipende proprio dalla rottura di particolari legami carbonio-idrogeno. Sostituendo gli atomi di idrogeno con il deuterio in alcuni farmaci si può quindi rallentare la clearence metabolica e fare perciò in modo che restino attivi più a lungo.
In realtà si era a conoscenza di questa possibilità sin dagli anni ’70, ma solo dalla metà degli anni novanta sono stati immesse in commercio delle versioni “deuterizzate” di alcuni farmaci già registrati. Inizialmente le versioni deuterizzate sono riuscite ad ottenere un nuovo brevetto, ma nel caso di farmaci registrati più di recente la “deuterizzazione” viene generalmente già inclusa nel primo brevetto e il patent office americano ha cominciato a rigettare le richieste brevettuali relative alle versioni deuterizzate di farmaci già esistenti.
Chiaramente è ancora da definire con chiarezza cosa si potrà considerare “innovativo” e cosa invece sarà da considerare “ovvio” per i farmaci già esistenti. Quello che è indubbio è che i pazienti avranno grandi benefici dall’avere meno pillole da inghiottire o gocce di collirio da istillare!
Sullo stesso tema leggi l’articolo pubblicato su “The Economist” del 5 settembre.
Dr. Carmelo Chines
Direttore responsabile