Il Farmacista e il paziente diabetico

Questa scheda è dedicata al ruolo del farmacista nella lotta a quella che è ormai considerata la “pandemia” del nuovo millennio: il Diabete Mellito.
Il farmacista è chiamato a svolgere, innanzitutto, una funzione di interfaccia con il paziente diabetico nella dispensazione dei farmaci e degli altri presidi medicali che il paziente deve acquistare e, proprio in questo contesto, può promuovere attraverso la sua attività di counseling una piena aderenza alle prescrizioni e stili di vita finalizzati ad un corretto controllo glicemico.
Le Farmacie rappresentano, inoltre, data la capillarità della loro distribuzione territoriale, un avamposto praticamente insostituibile nelle campagne di screening, organizzate spesso in occasione della giornata mondiale del Diabete e finalizzate a promuovere sia l’autodiagnosi che la piena compliance terapeutica.
Vi proponiamo, quindi, una prima scheda con una overview complessiva della malattia diabetica, a cui seguirà una seconda scheda in cui verranno trattate approfonditamente le gravi complicanze oculari della patologia.

Diabete: una patologia in crescita
Il diabete mellito (DM) comprende un gruppo di disturbi metabolici, conseguenti ad una diminuzione dell’attività dell’insulina, determinata da una ridotta disponibilità di questo ormone, ad un impedimento alla sua normale azione o ad una combinazione di questi due fattori.
Caratteristica distintiva del diabete mellito è l’iperglicemia, la presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue, alla quale con il passare del tempo si associano alcune complicanze:
alterazioni macrovascolari, che consistono nello sviluppo di un’aterosclerosi particolarmente grave e precoce,
alterazioni microvascolari, ossia alterazioni della microcircolazione specifiche della malattia diabetica, che si rendono particolarmente manifeste nella retina, nel rene e nel sistema nervoso.
Il diabete è in forte crescita in tutto il mondo, soprattutto tra le persone in età lavorativa, con numeri decisamente allarmanti: in base ai dati IDF (International Diabetes Federation) nel 2015 nel mondo risultavano affette da diabete 415 milioni di persone adulte (1 su 11), con un tasso di prevalenza dell’8,3 %, nel 2040 si prevedono  642 milioni di malati, con un tasso di prevalenza del 10,4%.
Per quanto riguarda l’Italia i dati 2017 dell’Osservatorio ARNO Diabete, nato da una collaborazione tra SID (Società Italiana di Diabetologia) e CINECA, documentano che il tasso di prevalenza totale del diabete in Italia è pari al 6,34%.
Non esistono registri ufficiali per questa patologia e il numero delle persone affette da diabete viene stimato in base a fonti quali le prescrizioni di almeno un farmaco ipoglicemizzante, le esenzioni per diabete e la diagnosi primaria o secondaria di diabete mellito, a cui bisognerebbe aggiungere la quota costituita da pazienti in terapia solo dietetica, privi di esenzione ticket e mai ricoverati in ospedale. Ci sono, poi, i casi di diabete misconosciuto, che secondo stime recenti corrispondono a circa il 20% del totale. Considerando tutte queste componenti la prevalenza complessiva del diabete in Italia potrebbe attestarsi intorno all’8%, con circa 4 milioni di casi noti e 1 milione di casi misconosciuti.
Inoltre, circa 10 milioni di persone presentano una forma di c.d. “pre-diabete” (una condizione caratterizzata da alterata glicemia a digiuno e/o ridotta tolleranza glucidica), o un pregresso diabete gestazionale oppure familiarità di primo grado per diabete, obesità o sovrappeso centrale. Se queste persone non faranno nulla per prevenirne lo sviluppo, si stima che almeno 2 milioni tra loro si ammaleranno di diabete entro i prossimi 10 anni.
Sul piano dei costi il Diabetes Atlas dell’International Diabetes Federation (IDF), ha pubblicato le stime della spesa sanitaria per diabete nel mondo e la crescita dei costi è stata impressionante, passando dai 232 miliardi di dollari del 2007 ai 727 milioni di dollari nel 2017 per l’assistenza ai diabetici di età compresa tra 20 e 79 anni.

Diabete di tipo 1 e di tipo 2
Si distinguono due forme principali di diabete mellito: il diabete di tipo 1 e il diabete di tipo 2. Entrambi i tipi di diabete sono preceduti da una fase di alterata omeostasi del glucosio, che si accentua man a mano che il processo patologico progredisce.
– Il diabete di tipo 1 è la conseguenza di una carenza insulinica totale o pressoché totale. Nella maggioranza dei casi è rappresentato dalla forma immunomediata. In circa il 90% dei diabetici di tipo 1, all’esordio della malattia, può essere dimostrata la presenza nel plasma di autoanticorpi diretti verso le cellule Beta pancreatiche (che producono insulina), che possono rappresentare la causa della loro distruzione. In questa forma di diabete, in cui esiste una carenza pressoché assoluta di insulina, questo ormone deve essere somministrato come terapia sostitutiva. Per questo motivo il diabete di tipo 1 veniva in passato definito diabete insulino-dipendente (IDDM) o diabete infanto-giovanile, data la sua insorgenza generalmente prima dei 30 anni di età.
-Il diabete di tipo 2 è un gruppo eterogeneo di alterazioni caratterizzate da gradi variabili di insulino-resistenza, alterata secrezione insulinica e aumentata produzione di glucosio. Rappresenta la forma più comune di diabete, ed è preceduto da una fase precoce di alterazione dell’omeostasi glucidica, definita come “intolleranza glucidica”. In questa fase, l’iperglicemia può essere controllata tramite una combinazione di misure comportamentali, quali dieta ed esercizio fisico, e trattamento medico, con farmaci che aumentano la sensibilità periferica all’insulina o riducono la produzione epatica di glucosio. In passato questa forma di diabete veniva chiamata non insulino-dipendente (NIDDM) o diabete dell’età adulta o della maturità; questo termine è oggi divenuto obsoleto in quanto molti soggetti con diabete di tipo 2 alla fine necessitano del trattamento insulinico per controllare la glicemia. Inoltre, anche se questa forma  si sviluppa più tipicamente con l’avanzare degli anni, viene attualmente diagnosticato con maggiore frequenza nei bambini e nei giovani adulti, in particolare adolescenti obesi con uno stile di vita sedentario.
La prevalenza del diabete di tipo 2, infatti, sembra crescere in modo parallelo all’aumento del tasso mondiale di obesità. La World Health Organization (WHO) ha riconosciuto una condizione definita “epidemia globale di obesità” ed una parallela “epidemia globale di diabete”, che stanno rapidamente emergendo soprattutto nei paesi in via di sviluppo.

Il ruolo del farmacista
Il farmacista può svolgere un ruolo molto importante nel fornire, su richiesta del paziente, informazioni corrette sui farmaci che dispensa in quanto è giusto che la persona con diabete (o un suo familiare) conosca a grandi linee, come funziona il principio attivo che assume, che benefici terapeutici può determinare e, soprattutto, gli eventuali effetti collaterali, sia quelli di nessun rilievo per il medico ma spiacevoli per il paziente, sia quelli che il paziente potrebbe sottovalutare, ma che vanno segnalati al medico perché potrebbero essere significativi.
Le principali classi di anti-diabetici orali (chiamati anche impropriamente ipoglicemizzanti orali), usati per il trattamento del diabete di tipo 2 sono:
– biguanidi
– sulfoniluree
– glinidi
– glitazoni (o tiazolidinedioni)
– inibitori dell’enzima DPP-4
– inibitori delle alfa-glucosidasi intestinali
– inibitori del trasportatore renale del glucosio SGLT-2
Biguanidi e glitazoni aumentano la sensibilità all’insulina. Sulfoniluree e glinidi aumentano la secrezione insulinica. Gli inibitori dell’enzima DPP-4 rallentano la degradazione di un ormone (il GLP-1) che viene prodotto dall’intestino e stimola la secrezione di insulina e inibisce la secrezione di glucagone dal pancreas. Gli inibitori delle alfa-glucosidasi intestinali ritardano l’assorbimento del glucosio alimentare. Gli inibitori del trasportatore renale del glucosio SGLT-2 aumentano, l’eliminazione renale del glucosio.
Il paziente deve attenersi alla specifica prescrizione medica e, in genere, gli anti-diabetici orali vanno assunti prima del pasto, da 1 a 3 volte al giorno a seconda della durata d’azione e delle necessità del paziente. In molti casi la correzione dell’iperglicemia richiede l’uso di 2-4 farmaci orali, sfruttando meccanismi d’azione complementari. In altri casi i farmaci orali possono essere associati all’insulina, più spesso del tipo intermedio o a lunga durata d’azione, assunta una volta al giorno.

Molti pazienti diabetici, tuttavia, non riescono a raggiungere i target glicemici prefissati, con un conseguente aumento del rischio di co-morbilità, cioè di sviluppare complicanze quali le malattie cardiovascolari, l’ictus, la nefropatia, le neuropatie, e per quanto riguarda il distretto oculare la retinopatia e l’edema maculare diabetico
In questo senso assume rilievo la funzione del farmacista finalizzata a promuovere la piena aderenza da parte del paziente ai regimi terapeutici prescritti.

Il problema della prevenzione
Un discorso a parte merita la strategia di prevenzione, sia primaria che secondaria.
– La prevenzione primaria consiste nello stimolare il paziente ad adottare uno stile di vita salutare con dieta adeguata e attività fisica moderata, atta a controllare il sovrappeso contrastando gli stili di vita sedentari.
Studi clinici dimostrano che uno stile di vita salutare è in grado di ridurre l’incidenza del diabete sino al 70%.
Bisogna, infatti, prendere pienamente coscienza che la prevenzione dell’obesità e del diabete comincia nella quotidianità, come ad esempio a tavola, promuovendo non la cultura della privazione, bensì la cultura di una sana e corretta terapia dietetica-nutrizionale, affidata a specialisti.
– La prevenzione secondaria consta nel fornire al paziente diabetico tutti gli strumenti per prevenire le complicanze, da quelle cardiovascolari a quelle oculari. Il trattamento efficace comporta il monitoraggio della glicemia, della pressione arteriosa e del livello dei lipidi nel sangue.
I dati riportati dallo studio Steno-2 attestano che, a distanza di 13 anni, in pazienti ad alto rischio con diabete di tipo 2, agendo contemporaneamente su tutti questi fattori e adottando un programma terapeutico con somministrazione di combinazioni multiple di farmaci e cambiamenti nello stile di vita, si raggiunge una riduzione fino al 50% del rischio di morte e delle complicanze più gravi del diabete.

L’educazione all’autogestione
Circa il 50% delle persone con diabete ha un controllo insoddisfacente della glicemia e della pressione arteriosa. Tra le molteplici cause rientra anche la difficoltà psicologica ad accettare la condizione di malato e tutto quello che ne consegue, la mancanza di supporto in famiglia, la scarsa conoscenza della patologia e delle sue complicanze, la mancata comprensione del protocollo di gestione dei farmaci e dei controlli, la sfiducia nel medico o nella assistenza sanitaria, i tempi lunghi di attesa e infine i problemi economici.
Promuovere l’autogestione, quindi, significa proporsi il raggiungimento di una serie articolata di obiettivi, quali:
– incrementare la consapevolezza dei fattori di rischio di insorgenza del diabete, delle strategie di prevenzione della malattia e delle sue complicanze
– migliorare la conoscenza sul diabete, il suo controllo e le modalità di autocontrollo.
– migliorare la sensibilizzazione presso i providers della salute in generale e promuovere un approccio alla malattia più completo ed integrato
– promuovere iniziative di salute pubblica per migliorare la qualità di vita dei pazienti diabetici, dagli screening alla creazione di liste d’attesa dedicate per i controlli periodici, prenotabili direttamente dal diabetologo e/o dal medico di famiglia.

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Scheda n. 10 – Farmacista e il paziente diabetico

 

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Dr. Carmelo Chines
Direttore responsabile