La menopausa rappresenta un fattore di rischio per l'insorgenza del glaucoma, ma la terapia ormonale sostitutiva a base di estrogeni può svolgere un importante ruolo protettivo
Il glaucoma, una delle più gravi e diffuse patologie oculari neurodegenerative, oggi fa meno paura e un domani potrebbe essere curato in modo risolutivo
La melatonina viene da tempo utilizzata per aiutare a regolarizzare il ritmo sonno/veglia e oggi si rivela promettente nel ridurre il rischio di sviluppare la DMLE
Il cheratocono è oggi una patologia trattabile con ottimi risultati visivi grazie alle nuove tecniche diagnostiche e agli approcci chirurgici più innovativi
L'endoftalmite è un'evenienza che nessun chirurgo vorrebbe dover mai gestire! Fortunatamente i nuovi protocolli operatori hanno assicurato una stabile e progressiva riduzione dei tassi di incidenza.
Protesi retiniche fotovoltaiche: nuove speranze per i pazienti ciechi
Pubblicato il
Argomento
Retina
Nostra intervista sulle caratteristiche e le prospettive di sviluppo delle protesi retiniche fotovoltaiche, che Daniel Palanker e il suo gruppo di ricerca hanno sviluppato nei laboratori della Stanford University (California, USA).
In che modo una protesi retinica potrebbe essere utile per ripristinare la funzione visiva in un paziente affetto da una malattia degenerativa della retina? Le malattie degenerative della retina portano alla progressiva perdita dei fotorecettori che “catturano le immagini”, mentre i neuroni retinici interni, che “processano le immagini”, restano in gran parte integri [1]. La stimolazione elettrica di questi neuroni può generare delle sensazioni visive. Si può, quindi, ipotizzare un percorso alternativo per la percezione visiva, dando vita a nuove speranze di poter restituire la vista ai pazienti ciechi.
In alcune recenti sperimentazioni cliniche sono state impiantate delle serie di elettrodi, sia in posizione epiretinica (cioè rivolti verso le cellule ganglionari) che in posizione subretinica (rivolti, invece, verso i fotorecettori) e si è riusciti a ripristinare un’acuità visiva dell’ordine di 20/1200 in pazienti resi ciechi da malattie degenerative della retina [2, 3].
Quali sono le principali differenze tra le protesi retiniche fotovoltaiche, su cui sta lavorando il vostro gruppo di ricerca, e le altre protesi, come Argus II, che sono già state impiantate sull’uomo a Pisa lo scorso anno? I risultati, raggiunti attraverso l’impianto sui pazienti delle protesi attualmente disponibili, costituiscono una prova importante della validità di questa ipotesi sperimentale, con importanti implicazioni sul piano clinico; tuttavia tali dispositivi richiedono dei cavi che devono penetrare nell’occhio per poter portare l’energia alle piastre retiniche che contengono gli elettrodi.
Il nostro progetto supera questi problemi utilizzando delle piastre pre-fabbricate, contenenti dei fotodiodi stimolati fotovoltaicamente. Il sistema protesico retinico, rappresentato nella figura 1 A-B, comprende una videocamera miniaturizzata che cattura le immagini dello scenario visivo. Il flusso video, processato da un computer tascabile, viene visualizzato su un display molto vicino all’occhio, simile ai comuni occhiali stereoscopici.
Queste immagini vengono poi proiettate sull’impianto subretinico utilizzando una luce pulsata del quasi-infrarosso (NIR: 880-915 nm) [4]. I fotodiodi di ciascun pixel della piastra convertono questa luce in corrente elettrica pulsata che passa attraverso la retina e stimola i neuroni retinici interni.
L’attivazione diretta di ciascun pixel dell’impianto subretinico elimina la necessità di complessi schemi, costituiti da elettrodi e cavi di collegamento, e preserva la connessione naturale tra la percezione dell’immagine e i movimenti oculari.
Questo sistema senza fili è modulabile fino a realizzare una struttura con migliaia di elettrodi.
L’intervento chirurgico di impianto risulta così notevolmente semplificato. Vi invitiamo a vedere il video, pubblicato su YouTube dall’équipe del dott. Palanker, in cui viene illustrata la tecnica di impianto.
La struttura modulare dell’impianto consente di ampliare il campo visivo attraverso l’affiancamento delle piastre.
Come sono possibili questi risultati grazie alle protesi retiniche fotovoltaiche? I pixel fotovoltaici convertono la luce pulsata del quasi-infrarosso in impulsi di corrente elettrica in grado di stimolare i neuroni retinici interni più vicini. Per rendere massimo lo stimolo, pur restando entro i limiti di sicurezza elettro-chimici, ciascun pixel viene dotato di tre fotodiodi connessi in serie, tra l’elettrodo centrale attivo e l’elettrodo di ritorno nelle circonferenza, ambedue rivestiti di SIROF. La dimensione più piccola che si può realizzare negli impianti attuali è di 70 ?m, con al centro un elettrodo a forma di disco di 20 ?m, come illustrato nella figura 2.
Un elettrodo di ritorno, localizzato in ciascun pixel, aiuta a limitare il campo elettrico e riduce i flussi di intercomunicazione tra i molteplici pixel attivati simultaneamente in quella piastra. Questo costituisce un aspetto fondamentale per raggiungere un’elevata risoluzione di stimolazione.
Tuttavia un contenimento laterale più accentuato del campo elettrico riduce la sua profondità di penetrazione nella retina, rendendo l’efficienza del sistema più suscettibile di variazioni in prossimità dei neuroni target.
Il nostro gruppo di ricerca ha dimostrato la funzionalità di questo dispositivo, riuscendo a stimolare con successo le retine dei topi, sia sane che degenerate. Con i pixel da 140 ?m la soglia di stimolazione in-vitro con pulsazioni di 4 ms era 0,3 mW/mm2 per la retina normale e di 0,8 mW/mm2 per la retina degenerata.
Questi picchi di irraggiamento sono circa 1.000 volte più alti della luce ambientale più intensa che può raggiungere la retina.
Poiché la maggior parte dei paziente legalmente ciechi mantiene una lieve sensibilità luminosa, non è possibile utilizzare la luce sensibile ai livelli di intensità più elevati. Infatti per attivare gli elettrodi fotovoltaici il nostro gruppo di ricerca ha utilizzato la luce del quasi-infrarosso, con una lunghezza d’onda nel range 880-915 nm, che è invisibile per i fotorecettori, ma può ancora attivare i fotodiodi in silicone. Con una frequenza di ripetizioni di impulsi di 15 Hz l’irraggiamento medio è di 0,05 mW/mm2, due ordini di grandezza sotto il limite di sicurezza per questo range di lunghezza d’onda [5].
Piastre fotovoltaiche della dimensione di 0,8×1,2 mm e dello spessore di 30 ?m sono state ben tollerate nello spazio subretinico dei topi durante i sei mesi di follow-up. Le registrazioni dei Potenziali Evocati Visivi in-vivo dimostravano che si era indotta un’attività cerebrale, con soglie di stimolazione simili ai corrispondenti valori in-vitro per retine normali e degenerate. Come si potrebbero modulare le risposte retiniche? Le risposte indotte potrebbero essere modulate sia attraverso l’intensità della luce, che attraverso l’ampiezza dell’impulso.
Il sistema ottico descritto utilizza un display a cristalli liquidi (LCD), illuminato da un raggio laser per formare pattern di luce del quasi-infrarosso, consentendo di modulare l’intensità nell’ambito di ciascun video frame.
La tecnologia DLPTM, che si basa su una serie di micro-specchi attivati ad alta velocità, può essere utilizzata per modificare la risposta retinica attraverso la variazione dell’ampiezza della pulsazione in ciascun pixel. Questo dispositivo consentirebbe un preciso controllo sia della durata che del timing delle esposizioni, consentendo un’attivazione sequenziale dei pixel più vicini in modo da ridurre ulteriormente l’intercomunicazione tra pixel. Inoltre un pattern olografico di proiezione che utilizza gli Spatial Light Modulators può gestire un maggior volume di dati e consentire un preciso controllo del timing in ciascun pixel.
Si possono riassumere in poche parole ivantaggi delle protesi retiniche fotovoltaiche? L’attivazione ottica rende la protesi retinica fotovoltaica del tutto differente dagli altri impianti dotati di cavi. L’impianto è chirurgicamente piuttosto semplice, mentre i moduli multipli consentono di creare una struttura scalare che può arrivare fino a migliaia di elettrodi e può assicurare un campo visivo più ampio. Questa protesi conserva la connessione naturale tra i movimenti oculari e la percezione delle immagini e può funzionare in ogni condizione di illuminazione ambientale.
Questo sistema è molto versatile e, quindi, potrebbe essere utilizzato per rispondere alle necessità molto differenti dei pazienti affetti dalle varie forme di degenerazione retinica.
La ricerca futura definirà i limiti di risoluzione nella stimolazione retinica con piastre fotovoltaiche in vitro e la corrispondente acuità visiva in vivo.
Per maggiori informazioni: Daniel Palanker, PhD Associate Professor Department of Ophthalmology and Hansen Experimental Physics Laboratory StanfordUniversity E-mail: palanker@stanford.edu http://www.stanford.edu/~palanker/
Bibliografia 1. Kim, S.Y., et al., Morphometric analysis of the macula in eyes with disciform age-related macular degeneration. Retina, 2002. 22(4): p. 471-7.
2. Zrenner, E., et al., Subretinal electronic chips allow blind patients to read letters and combine them to words. Proc Biol Sci, 2011. 278 (1711): p. 1489-97.
3. Ahuja, A.K., et al., Blind subjects implanted with the Argus II retinal prosthesis are able to improve performance in a spatial-motor task. Br J Ophthalmol, 2011. 95(4): p. 539-43.
4. Mathieson, K., et al., Photovoltaic retinal prosthesis with high pixel density. Nature Photonics, 2012. 6(6): p. 391-397.
5. Loudin, J.D., et al., Photodiode Circuits for Retinal Prostheses. Biomedical Circuits and Systems, IEEE Transactions on, 2011. 5(5): p. 468-480.