Maculopatie ereditarie: geni & C

Le maculopatie ereditarie costituiscono il gruppo geneticamente più eterogeneo di malattie ereditarie nell’uomo. Si possono ereditare per via:
autosomica recessiva, quando sono alterate due copie dello stesso gene
autosomica dominante, quando una copia di un gene è normale e l’altra mutata)
X-linked, quando il difetto è localizzato sul cromosoma sessuale X e si ammala il maschio con XY, mentre la femmina XX è portatrice sana.

Le maculopatie ereditarie determinano la perdita progressiva della vista a causa di uno sviluppo anomalo o di una disfunzione o degenerazione dei fotorecettori o dell’epitelio pigmentato retinico. La prevalenza in ambito mondiale è di 1:1.380 individui, con circa 5 milioni e mezzo di persone che potrebbero esserne affette.

Il primo gene, causa di una maculopatia ereditaria è stato identificato nel 1990, poi ne sono stati scoperti in media 9 l‘anno tra il 1990 e il 2021, e al momento attuale sono 280 i geni identificati e si è arrivati ad un plateau, il che indica che potrebbe tuttora esistere qualche gene non ancora identificato, ma la maggior parte sono ricompresi nelle mutazioni già identificate.

Le alterazioni genetiche individuate si manifestano con differenti gradi di gravità, che vanno dalla cecità o ipovisione nell’infanzia e prima adolescenza alla perdita progressiva della vista nel corso della vita adulta.

La forma più comune di malattia retinica ereditaria è la retinite pigmentosa, seguita dalla degenerazione coni/bastoncelli, l’amaurosi congenita di Leber, le distrofie maculari ereditarie. Nella maggior parte dei casi le maculopatie ereditarie determinano esclusivamente manifestazioni oculari, sono cioè “non sindromiche”, ma sono state descritte anche circa 70 tipologie di forme sindromiche, tra le quali la più comune è la sindrome di Usher.

Terapia: attualità e prospettive

Lo sviluppo di opzioni terapeutiche complete ed efficaci per le maculopatie ereditarie è certamente una grande sfida per gli scienziati e i ricercatori e negli ultimi anni sono stati raggiunti progressi importanti negli approcci basati sulla sostituzione dei geni difettosi, come la terapia genica e gli agenti farmacologici mirati, oppure sulla correzione delle mutazioni, come la terapia traslazionale read-through (a lettura completa del codice DNA) e gli oligonucleotidi antisenso (ASO: pezzetti di DNA artificiale, costruiti con lo scopo di legare e bloccare un determinato RNA messaggero).

Sono in sviluppo anche approcci non genici, basati su neuroprotezione e rigenerazione, quali la terapia con le cellule staminali e gli impianti retinici chirurgici.

Per quanto riguarda la terapia genica, gli approcci basati su vettori antiretrovirali (AAV) presentano orizzonti molto promettenti, anche se non possono essere utilizzati per geni di dimensioni molto grandi. Inoltre, purtroppo, possono anche formarsi anticorpi neutralizzanti contro gli AAV in grado di attenuare l’efficacia delle terapie basata su vettori antiretrovirali.

In uno studio pubblicato recentemente sul New England Journal of Medicine, “Gene Editing for CEP290-Associated Retinal Degeneration”, i ricercatori hanno testato la sicurezza e l’efficacia di EDIT-101, una terapia sperimentale di editing genetico che utilizza la tecnologia CRISPR in pazienti nati con una forma di degenerazione retinica associata a CEP290. CRISPR-Cas9 consente, infatti, di trattare mutazioni in geni più grandi di quelli per i quali sarebbe utilizzabile la terapia con adenovettori virali e CEP290 è troppo grande per stare all’interno di un tipico AAV.

CRISPR-Cas9 offre un insieme di vantaggi rispetto alle altre tecnologie di editing genetico, tanto da far rientrare questo approccio in quelli effettivamente utilizzabili. Bisogna, però, tenere presente che non si tratta di una cura che ripristina nel paziente la sua precedente funzione visiva, ma consente dei miglioramenti importanti. Nello studio, realizzato da un pool di Università americane,  sono stati trattati con iniezioni di EDIT-10 12 adulti tra i 17 e i 63 anni e due ragazzi tra i 9 e i 14 anni. Rispetto al baseline 6 dei partecipanti hanno riportato un miglioramento significativo nella visione fotopica, mediata dai coni, e di questi pazienti 5 hanno riportato un miglioramento in almeno un altro parametro visivo significativo. Nove partecipanti (64%) hanno riportato, rispetto al baseline, un miglioramento rilevante della migliore acuità visiva corretta, della sensibilità alla luce rossa, del punteggio nel test della mobilità. Inoltre in 6 pazienti è stato rilevato un importante miglioramento nel punteggio “vision-related quality-of-life score” (qualità della vita correlata alla vista).

Sul tema maculopatie vedi anche:

Bibliografia
  • Pierce EA, Aleman TS, Jayasundera KT, et al. Gene Editing for CEP290-Associated Retinal Degeneration. N Engl J Med. 2024 Jun 6;390(21):1972-1984. doi: 10.1056/NEJMoa2309915. Epub 2024 May 6. PMID: 38709228.
  • Ben-Yosef T. Inherited Retinal Diseases. Int J Mol Sci. 2022 Nov 3;23(21):13467. doi: 10.3390/ijms232113467. PMID: 36362249; PMCID: PMC9654499.
  • Del Pozo-Valero, M.; Riveiro-Alvarez, R.; Martin-Merida, I.; et al. Impact of Next Generation Sequencing in Unraveling the Genetics of 1036 Spanish Families With Inherited Macular Dystrophies. Investig. Opthalmology Vis. Sci. 2022, 63, 11.

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