Le fistole carotido-cavernose (FCC) sono anomale comunicazioni tra le carotidi o rami di esse ed il seno cavernoso (1,2). Pur rappresentando una patologia di stretta pertinenza neuroradiologica e neurochirurgica, spesso l’oculista viene chiamato in causa per primo per la comparsa di segni e sintomi oculari che, nei casi non eclatanti, possono essere così sfumati ed aspecifici da sviare completamente il corretto inquadramento diagnostico.
Le FCC costituiscono circa il 10-15% di tutte le malformazioni arterovenose intracraniche. Possono essere classificate sulla base di tre criteri:
–Patogenetico (fistole spontanee e traumatiche)
–Emodinamico (fistole ad alto flusso ed a basso flusso)
–Angiografico (fistole dirette ed indirette o durali)
Barrow nel 1985 le ha distinte in fistole di tipo A (shunt diretti ad alto flusso ed alta pressione che si realizzano per rottura del tratto intracavernoso della carotide interna all’interno del seno cavernoso) e fistole di tipo B, C e D, o fistole durali (shunt indiretti a basso flusso e bassa pressione tra le piccole branche meningee della carotide interna, della carotide esterna o di entrambe e il seno cavernoso) (fig. 1) (2).
Mentre le fistole dirette sono per lo più di natura traumatica o iatrogena, quelle indirette sono nella maggior parte dei casi ad insorgenza spontanea (1). Le vasculopatie sistemiche (ipertensione, diabete, arteriosclerosi) e i disordini del tessuto connettivale (pseudoxantoma elastico, sindrome di Marfan e di Ehlers-Danlos) rappresentano dei fattori predisponenti.
Per ben comprendere l’eziologia delle FCC, nonché per un corretto approccio terapeutico, è importante conoscere l’anatomia del seno cavernoso con le sue afferenze ed efferenze oltre al decorso intracranico delle carotidi, con particolare riferimento al decorso intracavernoso dell’arteria carotide interna.
Manifestazioni cliniche
Le modalità di esordio delle FCC dipendono fondamentalmente dalla via di drenaggio intrapresa. Nel caso di una fistola diretta (tipo A di Barrow) il drenaggio prevalentemente anteriore si ripercuote nei vasi venosi a monte (vene oftalmiche) con comparsa eclatante di una serie di segni e sintomi alquanto caratteristici che coinvolgono l’apparato oculare (red-eyed syndrome), che quindi non pongono grossi problemi per la diagnosi (3). Qualora il drenaggio sia prevalentemente posteriore (seni petrosi sup. ed inf.), a causa, ad esempio, di una concomitante trombosi delle vene oftalmiche, il quadro sintomatologico congestizio oculare sarà più sfumato (white-eyed syndrome). La presenza di comunicazioni con il seno cavernoso controlaterale spiega facilmente la comparsa di sintomi oculari anche, e in rari casi solamente, a carico dell’apparato oculare controlaterale.
I segni oculari che devono indurre a sospettare una FCC, quando presenti simultaneamente, sono la chemosi congiuntivale, che può essere appena accennata o così marcata da prolassare attraverso la fessura palpebrale; l’arterializzazione dei vasi congiuntivali ed episclerali, che si dilatano assumendo un aspetto caratteristicamente tortuoso, definito a “caput medusae”; la proptosi, ipsilaterale alla fistola e pulsante in caso di fistola diretta, a causa della trasmissione dell’onda sfigmica dalla carotide interna alle vene oftalmiche dilatate (fig. 2a, b); un soffio, spesso riferito dal paziente stesso, che si può ascoltare posizionando un fonendoscopio sull’occhio affetto. L’ipertono oculare è un segno quasi sempre presente e viene indotto da diversi fattori, quali l’aumentata pressione nelle vene episclerali, la riduzione del gradiente pressorio artero-venoso con conseguente ipossia dei tessuti retinici e la comparsa di un glaucoma di tipo neovascolare, l’ingorgo del letto vascolare coroideale e l’edema del corpo ciliare, che possono determinare una spinta anteriore del diaframma iride-lente e l’instaurarsi di un blocco pupillare (4).
[caption id="attachment_1653" align="alignleft" width="300"] Ph. 2 a) paziente con proptosi sinistra pulsante; b) stessa paziente, chemosi e caput medusae congiuntivale; c e d) stessa paziente dopo trattamento embolizzante.[/caption]
All’esame del fondo oculare è spesso evidenziabile una dilatazione delle vene retiniche. Altri reperti meno frequenti sono l’occlusione della vena centrale della retina, l’edema della papilla ottica ed emorragie intraretiniche.
La ripercussione di questa situazione congestizia sulla funzionalità dell’apparato visivo determina la comparsa di diplopia fino a una completa oftalmoplegia, per compressione diretta dei tronchi nervosi all’interno del seno o per l’ischemia secondaria alle alterazioni del flusso nei vasa nervorum (l’abducente è il nervo più colpito a causa della sua localizzazione nel seno cavernoso che lo rende più suscettibile alla compressione). Anche la stasi venosa orbitaria può contribuire alla comparsa di una diplopia, inducendo un ispessimento dei muscoli oculari con conseguente limitazione meccanica della loro motilità. Il calo visivo, più tardivo, si realizza a causa di un’otticopatia ischemica anteriore, della cronica ipossia retinica, dell’ipertono oculare o delle alterazioni corneali.
Diagnosi
Una FCC diretta dovrebbe essere sospettata in tutti quei pazienti che presentano la comparsa repentina di proptosi associata a chemosi congiuntivale ed arterializzazione dei vasi episclerali. Quando queste manifestazioni compaiono dopo un trauma cranico la diagnosi dovrebbe essere ovvia; anche in assenza di un evento traumatico bisogna sempre prendere in considerazione la rottura di un aneurisma intracavernoso. Allo stesso modo, la comparsa di un’analoga, ma più sfumata, sintomatologia che si sviluppa spontaneamente in un soggetto adulto, soprattutto se affetto da vasculopatie sistemiche o connettivopatie, dovrebbe indurre a ricercare la presenza di una fistola durale. Dal momento che in questi casi i segni oculari sono spesso fuorvianti, potendo confondersi con una congiuntivite, un’episclerite, un’orbitopatia distiroidea, un processo infiammatorio o neoplastico orbitario, diventa fondamentale la diagnostica per immagini (5,6).
L’ecografia oculare, eco color doppler, risonanza magnetica (RM) e angio-RM, evidenziando segni indiretti della FCC, secondari alla stasi venosa e all’inversione ed arterializzazione del flusso nelle strutture venose orbitarie, servono ad avvalorare l’ipotesi diagnostica e a giustificare la ricerca di una conferma definitiva tramite indagini invasive, quali angiografia selettiva del circolo cerebrale. Quest’esame, oltre a rappresentare l’unico mezzo a nostra disposizione per evidenziare la sede della fistola e tutti i rami coinvolti nella sua genesi, risulta indispensabile qualora si decida di procedere ad un trattamento embolizzante.
Ecografia: in A-scan le vene oftalmiche dilatate appaiono come lesioni a struttura interna regolare e con bassa riflettività. La lesione è delimitata da netti echi di apertura e di chiusura, corrispondenti alle pareti dei vasi dilatati. L’indagine A-scan può altresì servire a dimostrare e quantificare l’ispessimento dei muscoli oculari estrinseci. Con l’ecografia B-scan, le vene oftalmiche dilatate appaiono come aree ecoprive a margini netti nel contesto di un tessuto retro bulbare fortemente riflettente (1). In alcune sezioni, a volte, è possibile evidenziare la vena oftalmica superiore dilatata sotto forma di un’area ecopriva ad andamento sinuoso (fig. 3a).
Eco-color doppler: rappresenta una metodica non invasiva, affidabile, sensibile, in grado di fornire dettagli sulle caratteristiche emodinamiche delle fistole, evidenziando una dilatazione della vena oftalmica superiore, con arterializzazione ed inversione del flusso al suo interno (fig. 3b). Questo esame risulta di particolare importanza nelle fistole durali a basso flusso, evidenziando anche lievissime modificazioni emodinamiche, altrimenti non evidenziabili con altre metodiche. Questa tecnica si dimostra, altresì, indispensabile nel follow- up dopo il trattamento embolizzante, per dimostrarne l’efficacia, la stabilità del risultato nel tempo o l’insorgenza di eventuali recidive (1,7).
[caption id="attachment_1660" align="alignleft" width="300"] Ph 3 a) ecografia B-scan; b) eco-colordoppler; c) TC orbite; d) angiografia cerebrale (fase arteriosa): FCC durale a partenza dalle branche meningee dell’art. faringea ascendente (freccia bianca). Dilatazione della vena oftalmica superiore (frecce nere).[/caption]
TC con mdc: evidenzia a livello endocranico un seno venoso dilatato, che appare come una massa parasellare iperdensa a contorni netti e ben definiti, con netto enhancement dopo m.d.c. (1). A livello orbitario si apprezza la dilatazione delle vene oftalmiche superiore e inferiore ed un aumento di spessore e densità dei muscoli oculari (fig. 3c).
RM: evidenzia la dilatazione del seno cavernoso e delle vene oftalmiche, che si presentano privi di segnale sia nelle sequenze T1- pesate che in quelle T2. Nei casi in cui compare una trombosi nel seno cavernoso o nelle vene oftalmiche, queste strutture appariranno iperintense in tutte le sequenze. Nei casi a drenaggio posteriore o superiore, l’esame evidenzia un edema parenchimale cerebrale o un andamento serpiginoso delle vene corticali.
Angio-RM: pur non garantendo la stessa risoluzione spaziale dell’angiografia selettiva, data la relativa difficoltà a evidenziare le fistole di piccole dimensioni, può essere tuttavia utilizzata per evidenziare anomalie vascolari di maggiori dimensioni o monitorare il comportamento di quelle già diagnosticate.
Angiografia cerebrale: l’angiografia digitale selettiva del circolo cerebrale rappresenta un’indagine invasiva, che prevede la cateterizzazione selettiva bilaterale di entrambe le carotidi. Costituisce la sola indagine strumentale capace di visualizzare direttamente la fistola (fig. 3d); inoltre, grazie alla dimostrazione di tutte le afferenze coinvolte e delle vie di drenaggio, appare insostituibile per formulare un giudizio prognostico e per impostare il trattamento embolizzante.
Trattamento
Lo scopo della terapia delle FCC è quello di risolvere il quadro clinico con il minimo rischio per il paziente (fig. 2c, d). Da un punto di vista concettuale, la “cura” nelle fistole è data dalla completa chiusura della comunicazione anomala tra arterie e vene; trattandosi spesso di comunicazioni multiple, tale obiettivo è però spesso difficile da raggiungere. Tuttavia, il risultato finale importante è quello clinico, dato dalla risoluzione o dal miglioramento della sintomatologia, e non quello angiografico; infatti, spesso è sufficiente un’occlusione subtotale per risolvere il quadro clinico.
Le possibilità di trattamento delle fistole variano dal semplice monitoraggio, alle manovre compressive sulle carotidi o sulle giugulari, alla terapia embolizzante per via trans arteriosa o trans venosa, alla radioterapia (8). Meno utilizzate sono l’elettrotrombosi e il trattamento chirurgico diretto.
Il semplice monitoraggio è consigliabile nelle fistole durali che non presentano sintomi invalidanti o segni di minaccia di decadimento visivo o segni di drenaggio posteriore con rischio di emorragie cerebrali anche fatali. Infatti, in una percentuale variabile tra il 10% e il 60%, queste fistole possono andare incontro a risoluzione spontanea, a volte dopo l’esecuzione di un’angiografia a scopo diagnostico (forse per uno spasmo vascolare che favorirebbe una trombosi).
Nei pazienti con fistole durali sintomatiche, senza segni di compromissione della funzionalità visiva o di drenaggio corticale, può essere utilizzata la compressione manuale carotido-giugulare (9). Questa tecnica consiste nella compressione per 10 sec ogni ora del tronco carotido-giugulare in modo da rallentare il flusso attraverso la fistola e promuovere la trombosi. Tale manovra può altresì essere d’ausilio in quei casi in cui con l’embolizzazione non si è ottenuta la chiusura completa della fistola. La manovra compressiva non è comunque scevra da rischi, soprattutto nei pazienti che presentano una importante aterosclerosi carotidea o che hanno presentato in passato episodi ischemici o sincopali.
Il trattamento embolizzante è la terapia elettiva nelle fistole dirette e in quelle durali, in cui non si è avuta una risoluzione spontanea o con le manovre compressive. L’embolizzazione può avvenire per via trans-arteriosa (arteria femorale) o trans-venosa (vena femorale) e consiste nell’introduzione nel sito delle fistole di sostanze in grado di indurre un evento trombotico.
Per la facilità di accesso e per gli ottimi risultati, il trattamento di scelta è l’approccio attraverso il seno petroso inferiore. Nei casi in cui questo non è accessibile, perché non è evidenziabile radiologicamente o nei casi in cui è particolarmente tortuoso o non presenta una diretta connessione con la giugulare interna, viene utilizzata la vena oftalmica superiore (10).
La radioterapia si è rivelata un utile strumento terapeutico nelle fistole durali trattate senza successo con le comuni metodiche endovascolari. La sua efficacia terapeutica è legata, probabilmente, allo sviluppo di un processo infiammatorio nella parete dei vasi irradiati con conseguente trombosi.
L’elettrotrombosi consiste nell’introduzione nel seno cavernoso di un filo di rame o di bronzo cui viene applicata una corrente elettrica fino all’induzione della trombosi.
Conclusioni
Le FCC rappresentano una patologia ad interesse oftalmologico caratterizzata da segni oculari non sempre patognomonici, ma talvolta subdoli e di difficile interpretazione, tanto da creare spesso problemi di diagnosi differenziale. Il mancato o ritardato trattamento può indurre, in alcuni casi, complicanze gravi e talvolta irrimediabili.
Prof. Ennio Polito
Direttore della Scuola di Specializzazione
presso l’Università di Siena
Bibliografia
1) de Keizer R. Carotid-cavernous and orbital arteriovenous fistulas: ocular features, diagnostic and hemodynamic considerations in relation to visual impairment and morbidity. Orbit. 2003 Jun;22(2):121-42
2) Barrow DL, Spector RH, Braun IF, Landman JA, Tindall SC, Tindall GT.Classification and treatment of spontaneous carotid-cavernous sinus fistulas. J Neurosurg. 1985 Feb;62(2):248-56
3) Phelps CD, Thompson HS, Ossoinig KC. The diagnosis and prognosis of atypical carotid-cavernous fistula (red-eyed shunt syndrome). Am J Ophthalmol. 1982 Apr;93(4):423-36
4) Jørgensen JS, Guthoff R. The role of episcleral venous pressure in the development of secondary glaucomas Klin Monatsbl Augenheilkd. 1988 Nov;193(5):471-5
5) Loré F, Polito E, Cerase A, Bracco S, Loffredo A, Pichierri P, Talidis F. Carotid cavernous fistula in a patient with Graves’ ophthalmopathy. J Clin Endocrinol Metab. 2003 Aug;88(8):3487-90.
6) Oestreicher JH, Frueh BR. Carotid-cavernous fistula mimicking Graves’ eye disease. Ophthal Plast Reconstr Surg. 1995 Dec;11(4):238-44
7) Duan Y, Liu X, Zhou X, Cao T, Ruan L, Zhao Y. Diagnosis and follow-up study of carotid cavernous fistulas with color Doppler ultrasonography: analysis of 33 cases. J Ultrasound Med. 2005 Jun;24(6):739-45
8) Théaudin M, Saint-Maurice JP, Chapot R, Vahedi K, Mazighi M, Vignal C, Saliou G, Stapf C, Bousser MG, Houdart E. Diagnosis and treatment of dural carotid-cavernous fistulas: a consecutive series of 27 patients. J Neurol Neurosurg Psychiatry. 2007 Feb;78(2):174-9
9) Higashida RT, Hieshima GB, Halbach VV, Bentson JR, Goto K. Closure of carotid cavernous sinus fistulae by external compression of the carotid artery and jugular vein. Acta Radiol Suppl. 1986;369:580-3
10) Klink T, Hofmann E, Lieb W. Transvenous embolization of carotid cavernous fistulas via the superior ophthalmic vein. Graefes Arch Clin Exp Ophthalmol. 2001 Aug;239(8):583-8
11) Meyers PM, Halbach VV, Dowd CF, Lempert TE, Malek AM, Phatouros CC, Lefler JE, Higashida RT. Dural carotid cavernous fistula: definitive endovascular management and long-term follow-up. Am J Ophthalmol. 2002 Jul;134(1):85-92