L’occhio secco è tra le condizioni patologiche più frequenti in oftalmologia. Fino al 20% di adulti di età superiore ai 40 anni presentano sintomi da occhio secco. L’origine di questa malattia è ritenuta essere multifattoriale e collegata a condizioni patologiche di una delle porzioni della unità funzionale che include il film lacrimale, la superficie oculare (cornea, congiuntiva, ghiandole lacrimali accessorie, ghiandole di meibomio, la giunzione muco epidermica, una ghiandola lacrimale principale e i sistemi di connessione nervosa, i dotti escretori e il sacco naso lacrimale.
In presenza di condizioni di secchezza oculare, sia il film lacrimale che gli epiteli corneo congiuntivali subiscono delle modificazioni importanti che, cronicizzate, sono in grado di sviluppare fenomeni assimilabili a quelli presenti in corso di infiammazione sulla superficie oculare.
Infatti, una instabilità lacrimale o un’alterazione della composizione delle lacrime sono associate, a causa della eccessiva evaporazione e dell’aumentata concentrazione di elettroliti, ad un aumento della osmolarità dello strato acquoso del film lacrimale.
Una condizione di iper-osmolarità oltre ad essere causa di danno per una tossicità diretta sulla membrana cellulare degli epiteli, è in grado di sollecitare una risposta infiammatoria e di stimolare l’attivazione delle metallo proteinasi presenti sulla superficie oculare, in questo modo si instaura un circolo vizioso peggiorativo che mantiene e estende il danno.
Un fenomeno infiammatorio, legato alla presenza dei fattori derivanti dalla cascata dell’acido arachidonico, legati al danno iperosmolare alla membrana degli epiteli, è quindi facile ad instaurarsi in un occhio secco. Se questa condizione di infiammazione tende alla cronicità, in soggetti predisposti, è possibile che si instauri una infiammazione immuno-mediata.
L’infiammazione diventa quindi uno dei punti centrali dei circoli viziosi tendenti all’auto-mantenimento che sono alla base della formazione e del mantenimento del danno dell’occhio secco.
1) Se vedi un occhio rosso, pensa “occhio secco”
2) Considera tutte le patologie concomitanti
3) Interrompi il numero maggiore possibile di circoli viziosi
Se si vuole essere efficaci nell’approccio terapeutico a questa malattia è indispensabile tenere presenti alcuni concetti fondamentali che sono intrinseci alla concezione della superficie oculare come unità funzionale. Principalmente è utile considerare che un film lacrimale stabile è il risultato dell’armonizzazione di una serie di sistemi complessi, che una buona funzione lacrimale richiede l’integrità dell’anatomia e della struttura epiteliale, ma anche una innervazione sensoriale efficiente ed una buona funzione motoria degli apparati componenti la superficie stessa.
È evidente a questo punto che una terapia per l’occhio secco dovrà prendere in considerazione in modo adeguato tutte le varie componenti coinvolte e se possibile correggere quelle che sono inefficienti.
Da questo consegue che una terapia per le sintomi dell’occhio secco, non potrà essere indirizzata soltanto al ripristino del volume lacrimale, ma dovrà affrontare nelle diverse localizzazioni i diversi meccanismi coinvolti nella patogenesi del danno.
Dovranno quindi essere trattati gli effetti e le cause della scarsa produzione lacrimale, della riduzione della Clearance lacrimale, dell’instabilità del film lacrimale, della presenza di una malattia delle ghiandole di Meibomio e la conseguente iper-evaporazione, della carenza di cellule mucipare o della ridotta secrezione di mucine da parte degli epiteli, con la conseguente cattiva lubrificazione, la presenza di un danno epiteliale e di cattive abitudini dell’ammiccamento con i problemi conseguenti di distribuzione delle lacrime.
Le opzioni terapeutiche per l’occhio secco comprendono la possibilità di sostituire (almeno nel volume) le lacrime mancanti, la possibilità di conservare le lacrime presenti, la possibilità di stimolare la produzione di lacrime o almeno di alcune componenti ed infine la possibilità di ridurre lo stato infiammatorio sempre associato all’occhio secco.
Una stimolazione della produzione lacrimale sembrerebbe essere possibile mediante somministrazione di farmaci sistemici quali la bromexina, la pilocarpina e la cevimelina. I risultati di questa stimolazione sistemica della secrezione lacrimale sono, tuttavia, modesti e spesso non influenti sui disturbi lamentati dai pazienti.
I cardini della terapia che mira ad aumentare il volume lacrimale disponibile per la superficie oculare sono principalmente i sostituti delle lacrime.
Essi hanno uno scopo essenzialmente palliativo, puntato cioè a ridurre i sintomi e parzialmente i segni, senza tuttavia ottenere una reale attività curativa.
Questi prodotti mirano infatti ad ottenere una buona lubrificazione dell’interfaccia fra le palpebre e il bulbo oculare, a creare un film protettivo davanti agli epiteli e diluiscono il contenuto del film lacrimale, in particolare modificano la concentrazione degli elettroliti contenuti nel film, responsabili dello spostamento in senso iper-osmolare del film lacrimale, che è tipico delle forme di occhio secco ed è una delle cause principali di danno.
I sostituti lacrimali disponibili sono principalmente i colliri, in formulazione multi dose e monodose ed i gel anch’essi nelle formulazioni multi dose e monodose. Le pomate vengono utilizzate soprattutto durante la notte, nelle forme più avanzate.
Gli inserti idrosolubili, anche se risultavano utili, lo erano per numeri limitati di pazienti e sono praticamente scomparsi dal mercato.
I sostituti lacrimali oltre che dall’acqua sono formati da polimeri, che servono a disperderla uniformemente ed a trattenerla sulla superficie dell’occhio.
Le formulazioni più classiche comparse già all’inizio degli anni 70, utilizzano gli eteri della cellulosa quale la metil cellulosa, l’idrossipropil metil cellulosa e l’idrossimetil cellulosa. Questi preparati mostrano una viscosità strettamente dipendente dalla concentrazione del principio e quindi, per motivi soprattutto ottici e di confort in genere, non è possibile aumentare la viscosità al di sopra di limiti ben definiti. Un preparato all’1% infatti è un preparato che può risultare, anche se accettabile, fastidioso per la funzione visiva. La maggior parte dei preparati infatti presentano concentrazioni intorno allo 0,3-0,5%.
La capacità di trattenere l’acqua, tipica dei derivati della cellulosa, è presente anche nei preparati a base di Povidone, polivinilalcol, polietilen glicole, capaci quindi di aumentare la presenza di acqua sulla superficie oculare e di migliorare la lubrificazione, semplicemente in relazione alla quantità di acqua che riescono a trattenere.
Comparsi verso la metà degli anni 80, i derivati dell’acido ialuronico presentano una importante attività capace di influenzare benefica mente la lubrificazione. Questi preparati mostrano infatti una vera attività viscoelastica legata alle loro caratteristiche non-newtoniane. Hanno infatti la capacità di modificare la loro viscosità a seconda della velocità di sfregamento alla quale sono sottoposti. In altre parole, quando l’occhio è aperto la viscosità del sostituto lacrimale è elevata e si forma quindi un film stabile sulla superficie dell’occhio, ma durante l’ammiccamento da viscosità crolla velocemente. In questo modo l’ammiccamento è inavvertito e il prodotto molto ben accetto dal paziente.
Di rilevante importanza è la necessità di evitare la comparsa di fenomeni di tossicità cronica da conservanti in questi pazienti nei quali, a causa dell’elevata evaporazione e della scarsa produzione di fluidi, il turnover lacrimale è ridotto. A questo segue l’aumento della concentrazione del conservante presente nel collirio somministrato con i rischi tossici collegati, talvolta molto importanti.
In generale con tutti i “caveat” necessari, si ritiene che qualora si debba instillare un sostituto lacrimale per quattro o più volte al dì, sia molto consigliato utilizzare una formulazione senza conservante.
Più recentemente sono stati studiati sostituti lacrimali a base di o contenenti lipidi che dovrebbero sostituire o integrarsi con quelli esistenti, migliorando la stabilità del film e riducendone l’evaporazione. Apparentemente, i risultati preliminari sembrano molto promettenti.
Gli studi volti a caratterizzare le differenti componenti reattive cellulari e biochimiche che accompagnano la presenza delle alterazioni lacrimali a livello della superficie oculare, hanno messo in evidenza la presenza in corso di queste malattie di fattori, marker e attivatori tipici delle forme infiammatorie.
Aumenti tipici di interleuchine, molecole d’adesione e marker della attivazione immune hanno spinto a considerare l’occhio secco una malattia infiammatoria anche in assenza dei tipici segni clinici di dolore, rossore, calore, edema e perdita della funzione.
Studi clinici hanno mostrato che l’uso di corticosteroidi in collirio privo di conservante, è in grado di migliorare rapidamente i sintomi, ma anche il quadro anatomico epiteliale dei pazienti con occhio secco.
La recente commercializzazione negli Stati Uniti della Ciclosporina A in collirio allo 0,05% ha confermato la possibilità di migliorare le performances lacrimali riducendo lo stato infiammatorio. Tuttavia i dati clinici dimostrano che per esercitare un effetto riscontrabile dal paziente è necessario superare il mese di trattamento continuativo (spesso due). Dati i costi del preparato, spesso il paziente, sfiduciato dalla assenza di risultati, sospende il trattamento prima che l’efficacia della terapia possa essere verificata.
Un trattamento steroideo locale è invece in grado di dare risultati molto rapidamente e può essere utilizzato nei primi tempi per superare il ritardo di attività della Ciclosporina A.
Dal momento che una terapia continuativa prolungata è notoriamente associata a complicazioni importanti a carico dell’occhio la terapia con steroidi topici non conservati può essere utilizzata in modo pulsato con buoni risultati. In questo modo riducendo al minimo i rischi di ipertono e di cataratta, è possibile mantenere la calma della superficie oculare nel tempo, rendendo inoltre più efficace la terapia sostitutiva a base di lacrime artificiali.
Provatela,
Prof. Maurizio Rolando
Dipartimento di neuroscienze, Oftalmologia e Genetica
Università degli Studi di Genova
Dr. Carmelo Chines
Direttore responsabile