La "faco-trabeculectomia" è un approccio chirurgico combinato essenzialmente riservato ai pazienti affetti da glaucoma e cataratta
Per intervento combinato si intende l’esecuzione di un duplice e simultaneo atto chirurgico che permetta di trattare la concomitante presenza di più patologie. Nel caso del glaucoma, un approccio chirurgico combinato è essenzialmente riservato ai pazienti affetti da glaucoma e cataratta. Attualmente, tale approccio chirurgico è sempre più frequentemente adottato in relazione sia ad una notevole evoluzione delle tecniche chirurgiche sia ad un aumento della contemporanea presenza delle due affezioni.
Il primo intervento combinato di glaucoma e cataratta è stato proposto da Eustace1, che eseguì una tecnica intracapsulare senza impianto di IOL associata a trabeculectomia. Da allora, si è registrato un notevole sviluppo di tale procedura i cui miglioramenti sono da attribuire alla notevole evoluzione delle tecniche chirurgiche della cataratta e del glaucoma2,3,4,5. Infatti, l’avvento della facoemulsificazione, delle lenti intraoculari pieghevoli che si inseriscono attraverso mini-incisioni, in concomitanza allo sviluppo della trabeculectomia, degli antimetaboliti e delle “tecniche chirurgiche non penetranti” (sclerectomia profonda e viscocanalostomia) hanno apprezzabilmente migliorato il successo funzionale degli interventi combinati, riducendone le complicanze6,7,8.
L’associazione tra glaucoma e cataratta è sempre più diffusa a causa dell’aumento dell’età media della vita, nonché del prolungato compenso tensionale, determinato dai più recenti farmaci e trattamenti antiglaucomatosi, che produce l’effetto di ritardare la terapia chirurgica9. I dati appena riportati risultano suffragati dagli studi svolti da Kini10 ed evidenziati nella tabella 1: quest’ultima, infatti, mostra chiaramente come la percentuale d’incidenza di glaucoma e di cataratta cresca progressivamente all’aumentare dell’età, raggiungendo nella fascia di età più avanzata, compresa tra i 75 e gli 85 anni, il 7,2% di glaucoma e il 46,1% di cataratta.
Altra ragione della maggiore diffusione della chirurgia combinata va ravvisata nella circostanza che l’intervento di glaucoma può notoriamente indurre lo sviluppo della cataratta, soprattutto in quei pazienti che già presentano una grado variabile di opacizzazione del cristallino11,12. In uno studio di Lichter13 si evidenzia una maggiore incidenza di cataratta non solo nei pazienti sottoposti a chirurgia del glaucoma, ma anche in quelli sottoposti a terapia medica, indipendentemente dal tipo di farmaco impiegato: il che potrebbe essere correlato alla dinamica dell’umore acqueo e all’effetto ipotonizzante dei farmaci14. Tale circostanza può rendere vantaggiosa l’esecuzione di una chirurgia combinata in quei pazienti che presentino un’iniziale cataratta e che debbano essere sottoposti ad intervento di glaucoma.
Per quanto precedentemente detto, negli ultimi quindici anni un numero crescente di chirurghi, confidando nella dimostrata sicurezza ed efficacia della facoemulsificazione, da un lato, e nella relativa sicurezza delle tecniche antiglaucomatose, dall’altro, ha sempre più frequentemente e precocemente eseguito interventi combinati di cataratta e glaucoma al fine di ridurre il trauma indotto da due procedure chirurgiche separate.
I tipi di intervento combinato di glaucoma e cataratta sono molteplici e vedono l’associazione della facoemulsificazione con svariate tecniche di chirurgia del glaucoma15. Tuttavia, visto che nella pratica clinica la metodica maggiormente eseguita è la facoemulsificazione associata a trabeculectomia (con o senza antimetaboliti), la presente trattazione si incentrerà esclusivamente sull’analisi di tale procedura chirurgica.
Nel caso si riscontrino contemporaneamente glaucoma e cataratta è logico pensare di procedere attraverso una chirurgia combinata: quest’ultima, infatti, contribuisce a ridurre i traumi chirurgici e a rendere più rapida la ripresa visiva e funzionale.
Tuttavia, la scelta di intraprendere un simile intervento è sempre molto complessa e condizionata da molteplici fattori che possono essere sinteticamente esemplificati come segue16:
– il tipo di paziente (età, compliance, esigenze personali, fattori di rischio per glaucoma);
– il tipo di glaucoma;
– lo stato della papilla del nervo ottico e del campo visivo (gravità del danno glaucomatoso);
– il “target” pressorio raggiunto ed il tipo e numero di farmaci impiegati;
– il “target” pressorio che si vuole raggiungere (da valutare caso per caso);
– il grado di opacizzazione del cristallino;
– la sicurezza dell’intervento chirurgico previsto (elevata per la facoemulsificazione, abbastanza elevata per la trabeculectomia);
– l’efficacia dell’intervento chirurgico previsto (recupero visivo e raggiungimento del “target” pressorio).
Vista la molteplicità degli elementi che possono influire sulla valutazione di procedere o meno all’esecuzione di un intervento combinato e, successivamente, sull’eventuale scelta della metodica da eseguire, risulta estremamente difficile fornire uno schema generale che possa essere di ausilio in una decisione che, pertanto, andrebbe presa caso per caso17.
Quest’ultima può essere condotta mediante due accessi chirurgici separati (due vie) oppure un unico accesso (una via).
– esecuzione, nel settore temporale con incisione in “clear cornea”, delle varie fasi dell’intervento di facoemulsificazione con impianto di IOL (Fig. 3 a-b-c-d-e);
– asportazione di un tassello di tessuto sclero-corneale al di sotto dello sportello sclerale precedentemente creato (Fig. 4 a-b); – esecuzione di iridectomia basale con pupilla in miosi (creata tramite la precedente introduzione in camera anteriore di acetilcolina) (Fig. 5);
– asportazione del viscoelastico e sutura dello sportello sclerale con 2 o più punti in nylon 10/0 (Fig. 6 a-b);
– sutura della congiuntiva con vicryl 8/0 (Fig. 7).
– incisione del tunnel sclerale da uno o ambedue i lati per la conversione di questo in sportello (Fig. 11); alcuni chirurghi non eseguono questa fase dell’intervento ed effettuano il successivo tempo chirurgico di asportazione del tassello sclero-corneale utilizzando un punteruolo sotto il tetto del tunnel sclerale, creando così una “facotrabeculectomia senza punti”;
– asportazione di un tassello di tessuto sclero-corneale al di sotto dello sportello sclerale precedentemente creato (Fig. 12 a-b).
– esecuzione di iridectomia basale con pupilla in miosi (creata tramite la precedente introduzione in camera anteriore di acetilcolina) (Fig. 13);
– asportazione del viscoelastico e sutura dello sportello sclerale con 1 o più punti in nylon 10/0 (Fig. 14);
– sutura della congiuntiva con vicryl 8/0.
Risultati
In letteratura numerosi studi hanno evidenziato gli effetti benefici connessi alla facotrabeculectomia in termini di una notevole riduzione della pressione intraoculare, indipendentemente da quale fosse la PIO iniziale. In particolare18, ha messo in risalto la maggiore efficacia a lungo termine (2 anni di follow-up) dell’associazione trabeculectomia-facoemulsificazione rispetto a quella di trabulectomia-estrazione extracpsulare di cataratta.
Invece, non esiste concordia in letteratura con riferimento ai risultati funzionali della facotrabeculectomia rispetto alla trabeculectomia ed all’intervento di cataratta eseguiti in tempi diversi; in base a ciò risulta difficile dire quale delle due procedure sia la migliore. Infatti, alcuni Autori sottolineano come le due metodiche presentino esiti sostanzialmente analoghi in termini di pressione intraoculare19,20.
In particolare, el Sayyad21 ha confrontato la facotrabeculoctomia con mitomicina C alla trabeculectomia con mitomicina C seguita, in un secondo momento, dall’intervento di facoemulsificazione; i due gruppi presentavano una riduzione della PIO simile, 14,6±3,7 mmHg per la procedura combinata e 13,8±3,9 mmHg per quella in due tempi. D’altra parte, studi hanno posto in evidenza una maggiore efficacia della trabeculectomia eseguita isolatamente: al riguardo, Kleinmann22 ha messo in risalto che la trabulectomia con mitomicina C da sola riduce la pressione intraoculare del 58,5%; mentre, la facotrabeculectomia con mitomicina C del 31,5%. L’Autore, però, non chiarisce adeguatamente le cause di tali differenze che potrebbero essere individuate in un maggiore trauma della chirurgia combinata, al quale segue una superiore alterazione della barriera emato-acqueo o un aumento della TGF-b (Transforming Growth Factor-beta)17,23.
Altro tema molto controverso riguarda i risultati della tecnica chirurgica a due vie e di quella ad una via, in ordine alla maggiore efficacia dell’una o dell’altra. Numerosi studi hanno evidenziato un miglior risultato connesso all’esecuzione della tecnica a due vie sia in ordine alla riduzione della PIO, che al numero di farmaci da somministrare nel post-chirurgico: e ciò, in ragione del fatto che si determina un minor traumatismo nella sede di esecuzione della trabeculectomia24,18,25,26. La facotrabulectomia a due vie rappresenta per molti chirurghi la metodica di scelta sia per le motivazioni appena esposte, sia perché si presenta maggiormente idonea ad eseguire un lembo congiuntivale a base limbus che non sia d’ostacolo all’esecuzione della facoemulsificazione.
Un’ulteriore problematica estremamente dibattuta è quella concernente l’alternativa tra esecuzione di un lembo congiuntivale a base fornice o a base limbus. Numerosi studi eseguiti su pazienti sottoposti a facotrabulectomia non hanno mostrato differenze di rilievo tra le due metodiche sia con riferimento alla pressione intraoculare, sia con riferimento alla acuità visiva27,28,29. Tuttavia, in caso di utilizzo di antimetaboliti, alcuni chirurghi preferiscono eseguire un lembo a base limbus al fine di ridurre il “leakage” della bozza filtrante nell’immediato post-operatorio30.
Infine, occorre mettere in rilievo come anche per la chirurgia combinata si sia registrato nell’ultimo decennio un sempre più largo utilizzo degli antimetaboliti (5-fluorouracile e mitomicina C), allo scopo di limitare la proliferazione cellulare e, quindi, la cicatrizzazione sottocongiuntivale. La letteratura sull’argomento ha evidenziato risultati non concordi sulla efficacia dell’impiego di tali farmaci nella facotrabulectomia. In particolare, in uno studio prospettico randomizzato e controllato è emerso che la facotrabulectomia con 5-fluorouracile (5-FU) riduce maggiormente la pressione intraoculare rispetto al medesimo intervento senza l’utilizzo dell’antimetabolita31. Per contro, altri studi hanno evidenziato che l’utilizzo del 5-FU non determina un significativo miglioramento dei risultati funzionali connessi alla chirurgia combinata25,32,33.
Per quanto concerne la mitomicina C, numerose ricerche hanno dimostrato che il suo impiego nella facotrabeculectomia migliora i risultati pressori. In particolare, in uno studio controllato in doppio cieco di Cohen3, eseguito su 72 pazienti sottoposti a facotrabeculectomia con o senza mitomicina C, dopo 12 mesi dall’intervento il gruppo trattato con l’antimetabolita presentava una PIO e necessitava di un numero di farmaci significativamente inferiore rispetto al gruppo di controllo. Analoghi risultati sono stati rilevati da Carlson34 in uno studio condotto su 29 pazienti e con un follow up di 20 mesi. Jampel25, in una meta-analisi della letteratura pubblicata dal 1964 al 2000, ha concluso che l’impiego della mitomicina C e non quello del 5-fluorouracile migliora i risultati della facotrabeculectomia in termini di riduzione della pressione intraoculare. Infine, occorre mettere in rilievo che l’impiego della mitomicina C è indicato nei casi in cui appaia maggiore il rischio di fallimento della filtrante o quando si debba raggiungere un “target” pressorio molto basso35.
In conclusione, la facotrabulectomia attualmente rappresenta l’intervento elettivo per trattare la concomitante presenza di glaucoma e cataratta, in particolare, nei casi in cui si debba raggiungere un target pressorio basso o sia elevato il rischio di insuccesso della chirurgia del glaucoma o, ancora, vi sia una prospettiva molto lunga di vita del paziente. Inoltre, in base ai dati della letteratura, la tecnica a due vie con lembo congiuntivale a base fornice o limbus (quest’ultimo da preferire nel caso in cui si impieghino antimetaboliti) e l’utilizzo della mitomicina C, piuttosto che del 5-fluorouracile, sembrano le metodiche più efficaci.
Complicanze della chirurgia combinata per glaucoma e cataratta
Le complicanze della facotrabeculectomia possono scaturire, da un lato, dall’intervento di cataratta e, dall’altro, da quello di trabeculectomia.
Nel primo caso, si potrebbero verificare rotture della capsula posteriore o della zonula con eventuale perdita di vitreo, danno endoteliale, ipoema ed emorragie espulsive; nel secondo caso, invece, ipotono, atalamia, ipertono, fibrina in camera anteriore, ipoema, emovitreo, distacco di coroide. La tabella 2 indica l’incidenza delle più comuni complicanze conseguenti a facotrabeculectomia, secondo i dati riportati dagli Autori sotto indicati.
Tabella, 2: Complicanze postoperatorie più comuni della facotrabeculectomia
Autore
|
Ipoema
|
Ipertono
|
Fibrina
|
Distacco coroide
|
Mamalis36
|
28%
|
5%
|
1%
|
3%
|
Anand37
|
28%
|
21%
|
12%
|
–
|
Perasalo38
|
16%
|
9%
|
18%
|
19%
|
Anders39
|
4%
|
–
|
–
|
–
|
Quentin40
|
–
|
–
|
10%
|
20%
|
Botz19
|
5%
|
–
|
6%
|
3.3%
|
Come risulta chiaramente dalla tabella sopra richiamata, una delle complicanze più frequenti, causata o da sanguinamento dell’angolo camerulare o di un vaso episclerale, ovvero da danno irido-ciliare durante la trabeculectomia, è l’ipoema: quest’ultima potrebbe essere di lieve entità e, in tal caso, tende di norma a riassorbirsi rapidamente; ma potrebbe anche essere molto estesa e, in tale ipotesi, potrebbe risultare indicato il lavaggio della camera anteriore.
Passando a considerare le altre complicanze, l’ipertono oculare nell’immediato post-operatorio risulta strettamente dipendente dalle modalità di chiusura dello sportello sclerale e, spesso, può essere facilmente risolto tramite l’asportazione di una o più punti di sutura dello sportello stesso.
La presenza di fibrina in camera anteriore, complicanza anch’essa abbastanza frequente, appare invece correlata alla reazione uveale conseguente all’intervento e, anche in tal caso, un rimedio abbastanza veloce è rappresentato dall’instillazione di midriatici.
Per quanto concerne il distacco di coroide, che costituisce sicuramente una delle complicanze più importanti della chirurgia del glaucoma, la sua percentuale d’incidenza risulta molto variabile tra i vari Autori e da ciò si deduce che essa dipenda molto dal tipo di tecnica chirurgica impiegata.
Inoltre, bisogna ricordare che uno dei fattori che determina una maggiore incidenza di complicanze va individuato nell’impiego degli antimetaboliti nella chirurgia combinata (così come nella trabeculectomia eseguita singolarmente). In tal caso, le complicanze che più frequentemente si verificano sono l’epiteliopatia corneale (5-FU), la perdita di acqueo dalla ferita o dalla bozza, l’ipotonia, l’infiammazione della bozza ed l’endoftalmite41.
In uno studio di Kuroda42 che pone a confronto la facotrabeculectomia e la trabeculectomia da sola, ambedue con l’impiego di mitomicina C, è stato riscontrato che la prima metodica presenta meno complicanze postoperatorie rispetto alla seconda.
In conclusione, per quanto detto in precedenza, si può affermare che l’associazione trabeculectomia (con o senza antimetaboliti) combinata alla facoemulsificazione non soltanto rappresenta una tecnica chirurgica relativamente sicura, ma non presenta una maggiore incidenza di complicanze rispetto alla trabeculectomia eseguita singolarmente.
Conclusioni
La contemporanea presenza di glaucoma e cataratta è fenomeno sempre più diffuso sia a causa dell’aumento dell’età media della vita, sia del prolungato compenso tensionale che risulta indotto dai più recenti farmaci e trattamenti glaucomatosi e dal quale dipende il ritardo della terapia chirurgica. Per tali ragioni, assai spesso il chirurgo che debba affrontare queste due patologie si trova dinnanzi alla scelta di eseguire due interventi separati ovvero procedere attraverso un intervento combinato.
In particolare, le opzioni chirurgiche che possono essere attuate in presenza di cataratta e glaucoma sono: 1) intervento di glaucoma e successiva facoemulsificazione;
2) facoemulsificazione e successivo intervento di glaucoma;
3) intervento combinato15.
Proprio con riferimento alla scelta che il chirurgo deve operare tra le metodiche appena richiamate, alcuni autori hanno però rilevato che il risultato funzionale della trabeculectomia rischia di essere inficiato dal successivo intervento di facoemulsificazione a causa della lieve infiammazione intraoculare che quest’ultima determina43,44.
Alla luce di tali considerazioni, le opzioni più vantaggiose per il chirurgo sono, dunque, rappresentate dalla facoemulsificazione e successivo intervento di glaucoma ovvero dall’intervento combinato. Al riguardo, visto che la letteratura non offre dati certi in ordine alla maggiore efficacia funzionale dell’una o dell’altra metodica, la scelta tra di esse risulta complessa e di fatto affidata all’esperienza del chirurgo e alla valutazione di numerosi fattori quali, a titolo esemplificativo, il valore pressorio basale, il numero dei farmaci impiegati, il target pressorio da raggiungere, la gravità del danno glaucomatoso e l’entità della cataratta.
Recentemente, sono sempre più numerosi i chirurghi che decidono di affrontare la compresenza di glaucoma e cataratta attraverso la chirurgia combinata, soprattutto per evitare il trauma che può derivare dall’esecuzione di due interventi distinti: tale decisione risulta peraltro incoraggiata dal crescente perfezionamento delle tecniche chirurgiche del glaucoma e della cataratta. D’altra parte, a conferma della validità della scelta di un intervento combinato, molteplici studi ne hanno evidenziato la notevole efficacia funzionale, nonché la sicurezza soprattutto in termini di complicanze.
Quanto alla tecnica da utilizzare per l’esecuzione della facotrabeculectomia, quella da privilegiare è la tecnica a due vie con lembo congiuntivale a base fornice o limbus (quest’ultimo da preferire nelle ipotesi di impiego di antimetaboliti)45. Inoltre, proprio con riferimento agli antimetaboliti, il loro utilizzo risulta maggiormente indicato nei casi in cui sia più alto il rischio di insuccesso della filtrante o sia necessario raggiungere un target pressorio molto basso: in particolare, a tal fine, l’utilizzo della mitomicina C è stato indicato come preferibile rispetto al 5-fluorouracile.
Antonio Marino, Daniela Rita Lombardo, Lorenzo Rapisarda
Gli Autori: Antonio Marino, Daniela Rita Lombardo afferiscono all’Unità Operativa Complessa di Oftalmologia dell’Azienda Ospedaliera di Rilievo e di Alta Specialità Garibaldi di Catania, mentre il Dott. Lorenzo Rapisarda afferisce all’Unità Operativa Complessa di Oftalmologia dell’Ospedale Umberto I di Siracusa Asp N. 8.
La loro attività scientifica, clinica e chirurgica è contrassegnata da un particolare interesse per la malattia glaucomatosa.
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Dr. Carmelo Chines
Direttore responsabile