Con deficit visivo (VI-Visual Impairment) si indica una condizione caratterizzata da una o più limitazioni dell’acuità visiva o del campo visivo che provoca ripercussioni su capacità funzionali, relazioni sociali e nel complesso sulla qualità della vita quotidiana dei soggetti colpiti.
Nel 2015, a livello globale, 253 milioni di persone sono state classificate con VI, e si prevede, entro il 2030, un aumento di questo numero sino a circa 350 milioni.
Le disabilità visive vengono classificate (Legge 3 aprile 2001, n. 138), in base al grado di compromissione, in cinque gruppi di minorazione visiva: cecità totale, cecità parziale, ipovisione grave, ipovisione medio-grave ed ipovisione lieve. Questi gruppi possono essere ulteriormente divisi in sottogruppi definiti in base ad altre caratteristiche, quali l’età di insorgenza del deficit (deficit congenito o acquisito), l’eziologia alla base o il tipo di funzione visiva compromessa.
Il legame tra deficit visivo e depressione
Le disabilità funzionali, comprese le menomazioni sensoriali e quindi visive, sono notoriamente associate a stati depressivi. L’associazione tra disabilità visiva e depressione è stata valutata da vari studi, ospedalieri e/o istituzionali, condotti in diversi paesi, aumentando sempre più la consapevolezza che esista un impatto negativo del deficit visivo sullo stato di salute mentale.
Studi basati sulla popolazione forniscono solide prove dell’esistenza di una associazione tra ipovisione e depressione, tipicamente, le persone con problemi di vista hanno una probabilità 2-3 volte maggiore di essere depresse.
Due studi hanno recentemente approfondito l’analisi del rapporto tra depressione e deficit visivo.
La prima ricerca, pubblicata su The Lancet Psychiatry, ha analizzato 736 individui adulti ed ha evidenziato che la depressione colpisce tra il 3,7% ed il 15,8% delle donne ed il 2,4% ed il 12,9% degli uomini, con una maggiore predisposizione nella fascia di età compresa tra i 36 ed i 50 anni. Lo studio ha rivelato anche altre associazioni: l’instaurarsi di depressione era maggiore quando il deficit visivo insorgeva in età adulta o in tempi più recenti, o era associato ad altre menomazioni. Gli individui depressi, inoltre, mostravano un livello più basso di soddisfazione di vita.
Il secondo studio, condotto in Inghilterra e Galles e pubblicato su BMJ Open, si prefiggeva di delineare, in 990 soggetti con disabilità visiva, i fattori di rischio predisponenti alla depressione. I ricercatori hanno evidenziato delle associazioni tra sintomi depressivi ed età, etnia ed autovalutazione dello stato di salute e dello stato di deficit visivo. In particolare, lo studio ha rivelato che la giovane età, l’etnia non bianca ed il peggioramento delle condizioni di salute e di vista (secondo l’autovalutazione) rappresentano dei fattori di rischio per l’insorgenza di sintomi depressivi.
I dati forniti da questi studi suggeriscono un alto tasso di depressione tra i giovani e gli adulti di mezza età, supportando la necessità di intervento di professionisti con competenze specifiche atte a valutare le possibili conseguenze mentali di un deficit visivo.
La specifica valutazione della disabilità visiva potrebbe, infatti, rappresentare uno strumento utile per l’identificazione degli individui più a rischio di depressione, che necessitando di un intervento precoce e che possono essere seguiti in maniera adeguata nelle cure oculistiche e/o nella riabilitazione.
Fonti:
-B. Audun and H. Trond. Major Depression in Individuals with Visual Impairment, Associations with Characteristics of Vision Loss, and Relation to Life Satisfaction. The Lancet Psychiatry, 2019.
-Nollett C. et al. Depressive symptoms in people with vision impairment: a cross-sectional study to identify who is most at risk. BMJ Open, 2019.
Dr. Carmelo Chines
Direttore responsabile