Cataratta e occhio secco postoperatorio

Un esito indesiderato che rischia di compromettere parte dei benefici visivi dell’intervento.

La chirurgia della cataratta può indurre forme severe di occhio secco? Se sì, con quale frequenza e partendo da quali condizioni?

L’intervento di cataratta rappresenta attualmente la procedura chirurgica oculare prevalente su scala mondiale. In media vengono effettuati ogni anno nel mondo più di 26 milioni di interventi, mentre nell’anno 2000 erano appena 10 milioni, quando in base al World Health Report 1998 si stimava che fossero già più di 19 milioni – il 43% del totale dei ciechi – le persone rese cieche in ambedue gli occhi dalla cataratta senile.

Fig. 2: Stiramento pupillare con uncini

della vita media, dal momento che la cataratta è una delle patologie più frequenti negli anziani over-65.

Oggi, grazie al progresso delle tecniche chirurgiche e diagnostiche e a lenti intraoculari (IOL) sempre più performanti, l’intervento di cataratta ha, nella maggior parte dei pazienti, ottimi risultati sul piano refrattivo. Alcuni pazienti, però, sviluppano importanti disordini postoperatori, tra cui la sindrome da occhio secco o DED (Dry Eye Disease).

I sintomi più frequenti, che tendono a cronicizzare nel tempo, sono secchezza oculare, sensazione di corpo estraneo e affaticamento visivo. Questo quadro sintomatico ha un impatto molto negativo sia sulla qualità della vita che sull’efficienza visiva, con ripercussioni anche sulla produttività lavorativa, rendendo necessaria l’individuazione di strategie di prevenzione e gestione della DED dopo chirurgia della cataratta.

Sul piano della patogenesi non è ancora del tutto chiaro cosa favorisca l’insorgenza della DED post-chirurgia della cataratta, con la conseguenza che non è stata ancora individuata una terapia definita e basata sull’evidenza. Mancano, inoltre, studi sistematici e di ampie dimensioni su individui che non presentavano la DED prima dell’intervento e l’hanno sviluppata proprio dopo la rimozione della cataratta.

Su questo delicato argomento una review e metanalisi del 2022 ha cercato di fare chiarezza su prevalenza, caratteristiche, fattori di rischio e misure di prevenzione.

Fattori di rischio
I principali fattori di rischio sono stati identificati nell’età avanzata e nel sesso, in quanto le donne presentano una maggiore predisposizione alla DED postoperatoria. Nello specifico Kohli et al. in uno studio del 2019 hanno dimostrato che gli individui con più 60 anni, due settimane dopo l’intervento di cataratta, presentavano risultati peggiori ai test OSDI, Schirmer, TFBUT, CFS (test stereoscopico), e TMH (Altezza del menisco lacrimale). Inoltre l’esposizione prolungata ai video terminali, specie nei paesi più sviluppati, può favorire l’insorgere di DED post-intervento di cataratta, come illustrato da Villani et al. in uno studio del 2020.

Un altro importante fattore di rischio è costituito dalle co-morbidità, in particolare dal diabete mellito, dalle patologie autoimmuni e neuropsichiatriche.

Condizioni favorevoli all’instaurarsi della DED postoperatoria sono indotte anche da alcune terapie farmacologiche, in particolare l’asunzione di antistaminici, di farmaci anti-reflusso, antidepressivi, ansiolitici, sonniferi, come anche la terapia ormonale sostitutiva e la terapia sostitutiva degli ormoni tiroidei.

Prevalenza e caratteristiche
In base ai dati presenti in Letteratura la prevalenza della DED post-chirurgia della cataratta in pazienti che non presentavano sintomi di occhio secco prima dell’intervento oscilla tra il 26,6% e il 37,4%.

Per quanto riguarda il suo decorso, alcune alterazioni postoperatorie della superficie oculare tendono in genere a regredire entro il primo mese successivo all’intervento, tuttavia la maggior parte degli studi ha riportato che parametri da DED, inclusi sintomi soggettivi, TFBUT, CFS, volume della secrezione lacrimale, e disfunzione delle ghiandole di Meibomio (MGD) non sono tornati al livello del baseline per tutta la durata dello studio. I picchi di gravità della DED postoperatoria sono stati riportati in genere 1 settimana dopo l’intervento, sebbene siano stati rilevati anche tra 1 mese e più di un anno dopo.

I pazienti che prima dell’intervento soffrivano di MGD sono risultati più esposti allo sviluppo di DED postoperatoria in quanto la MGD altera la stabilità del film lacrimale e l’accelerato tasso di evaporazione lacrimale e successiva idrolisi delle lacrime, propri di questa condizione, hanno molte probabilità di innescare lo sviluppo della DED postoperatoria.

Misure di prevenzione
Deve essere assolutamente evitato l’utilizzo di colliri contenenti conservanti sia in fase pre- che postoperatoria, in quanto possono causare alterazioni della superficie oculare che vanno dal danno all’apoptosi delle cellule epiteliali, e riduzione della densità delle cellule caliciformi mucipare.

È stato osservato anche un effetto negativo dell’utilizzo prolungato degli antinfiammatori topici non steroidei (FANS) nel postoperatorio per gli effetti negativi sulla densità delle cellule caliciformi mucipare congiuntivali.

Un’appropriata gestione preoperatoria della MGD potrebbe contribuire a ridurre i rischi di DED dopo l’intervento.

Su un piano generale l’utilizzo di luci operatorie filtrate, una minore durata dell’intervento, un’adeguata irrigazione intraoperatoria e una manipolazione molto delicata della superficie oculare sono condizioni che possono contribuire a minimizzare i rischi di tutte le complicanze postoperatorie e della DED in particolare.

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Bibliografia
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  • Vision 2020: the cataract challenge. Community Eye Health. 2000;13(34):17-9. PMID: 17491949; PMCID: PMC1705965.
  • Kohli P, Arya SK, Raj A, Handa U. Changes in ocular surface status after phacoemulsification in patients with senile cataract. Int Ophthalmol. 2019;39(6):1345–1353. doi: 10.1007/s10792-018-0953-8.
  • Villani E, Marelli L, Bonsignore F, et al. The ocular surface frailty index as a predictor of ocular surface symptom onset after cataract surgery. 2020;127(7):866–873. doi: 10.1016/j.ophtha.2019.12.012.

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