Carenza di vitamina D, un importante indicatore di retinopatia diabetica proliferante

La retinopatia diabetica (RD) è una grave patologia oculare che può colpire le persone affette da diabete.

Diabete Mellito

Il Diabete Mellito (DM) è ormai una vera emergenza planetaria, caratterizzata da una crescita esponenziale dei tassi di prevalenza. In Italia si è passati dai 2,4 milioni del 1980 ai 4,3 milioni del 2014 (dati Osservatorio ARNO 2015). Tra le cause principali di questo fenomeno si possono individuare l’invecchiamento della popolazione e il progressivo aumento dell’incidenza dell’obesità e di altre disfunzioni metaboliche.

Complicanze e qualità della vita

Il Diabete Mellito è una patologia sistemica che ha un importante impatto sulla qualità di vita delle persone colpite a causa delle gravi complicanze che colpiscono innumerevoli distretti corporei, primo tra tutti l’apparato visivo- insieme ai reni, al sistema nervoso periferico ed al sistema cardiocircolatorio.

La più importante e frequente complicanza oculare del Diabete Mellito, sia di tipo 1 che di tipo 2, è la Retinopatia Diabetica (RD).

Le condizioni associate a una comparsa più precoce e a un’evoluzione più rapida della Retinopatia Diabetica sono la durata del DM, l’iperglicemia e l’eventuale presenza di altri fattori di rischio cardiovascolare, quali l’ipertensione e l’ipercolesterolemia.

Retinopatia Diabetica

La Retinopatia diabetica è la più importante e frequente complicanza oculare del diabete mellito . Rappresenta è la prima causa di cecità legale negli adulti in età lavorativa ed è anche la quinta causa di cecità prevenibile e di deficit visivo moderato-grave.

Mediamente tra il 30% e il 50% della popolazione diabetica sviluppa una forma di Retinopatia Diabetica di varia gravità e in circa un paziente su dieci si sviluppano alterazioni più gravi, tra le quali l’Edema Maculare Diabetico (EMD).

L’EMD è una delle manifestazioni più serie della Retinopatia Diabetica, in quanto, non adeguatamente trattato, può compromettere la visione centrale. La frequenza d’insorgenza dell’EMD aumenta con la durata e il grado di severità del diabete: infatti tra i pazienti che sono affetti da Diabete Mellito da più di 20 anni circa il 30% sviluppa un EMD.

Prevalenza e prospettive

Si stima che l’RD affligga 93 milioni di persone in tutto il mondo e che, all’incirca nel 18% dei casi, si presenti nella sua forma più avanzata, la retinopatia diabetica proliferante (PDR, Proliferative Diabetic Retinopathy) che, se non trattata adeguatamente, può portare alla cecità.

Con la continua diffusione del diabete, anche l’RD che può essere ad esso associata è destinata a diventare sempre più frequente, per cui è necessario che la ricerca scientifica continui ad indagare su questa malattia per comprenderne meglio i meccanismi di insorgenza, così da sviluppare sistemi che consentano diagnosi più tempestive e trattamenti di maggiore efficacia.

La Retinopatia Diabetica Proliferante

La retinopatia diabetica proliferante (PDR) o avanzata è il tipo più grave perché coincide con la crescita anormale di nuovi vasi sanguigni a danno della retina. I neovasi sono stimolati anche dalla formazione di aree ischemiche nella retina.

RD e vitamina D

Già da diversi anni è noto che le persone affette da RD mostrano livelli inferiori di vitamina D nel sangue rispetto ai soggetti sani, suggerendo che la carenza di questa vitamina possa giocare un ruolo nello sviluppo della malattia.

Vitamina D

Secondo alcuni studi, infatti, la bassa concentrazione di vitamina D nel sangue altera i meccanismi di produzione dell’insulina, l’ormone preposto al controllo della glicemia, e il cattivo controllo glicemico che ne consegue porta, a sua volta, a un incremento del rischio di sviluppare l’RD.

La vitamina D, inoltre, quando è presente in quantità normali, aiuta a contrastare l’insorgenza e la progressione della RD esercitando un duplice effetto protettivo nei confronti della retina, antinfiammatorio e antiangiogenetico.

Azione antinfiammatoria

La forte azione antinfiammatoria esercitata dalla vitamina D, infatti, previene i danni che portano alla degenerazione dell’epitelio pigmentato retinico, una componente cruciale per il corretto funzionamento della retina.

Azione antiaangiognetica

La vitamina D è dotata di proprietà antiangiogenetiche, cioè è in grado di contrastare la proliferazione di nuovi vasi sanguigni. Quest’ultima funzione è particolarmente importante nella prevenzione della RD, poiché l’alterazione della vascolarizzazione della retina è una delle caratteristiche principali della malattia.

 

Vitamina D come biomarker per la retinopatia diabetica proliferante (PDR)

Diversi studi scientifici hanno dimostrato che la carenza di vitamina D nel sangue è associata alle forme più gravi di RD. Una ricerca recentemente pubblicata, inoltre, ha dichiarato che una concentrazione di vitamina D nel sangue inferiore ai 18.6 ng/mL può indicare la presenza della forma più avanzata di RD, la retinopatia diabetica proliferante (PDR), attualmente diagnosticata tramite l’impiego di tecnologie che consentono di osservare alcune parti dell’occhio, come la fotografia a colori del fondo oculare.

Secondo questo studio, sottoporre le persone affette da RD a un dosaggio della vitamina D eseguito su un campione di sangue rappresenterebbe un metodo semplice ed efficace per individuare tempestivamente i pazienti affetti dalla forma più grave della malattia.

Un’individuazione precoce di questi soggetti consentirebbe di pianificare correttamente il calendario dei controlli periodici da eseguire per monitorare lo stato di progressione della malattia e la scelta delle migliori strategie di trattamento.

La vitamina D

La vitamina D è una molecola liposolubile, presente nel nostro organismo e più precisamente nel fegato.

Si tratta di una vitamina essenziale per il sistema immunitario e il tessuto osseo. La sua funzione è relativa all’assorbimento di calcio, ferro, magnesio, fosfati e zinco, minerali fondamentali per la salute delle ossa e per il benessere dei denti.

In natura, il corpo sintetizza la vitamina D attraverso una regolare esposizione alla luce solare, che permette all’organismo di produrre vitamina D1, D2, D3, D4 e D5.

Durante l’inverno si è necessariamente meno esposti ai raggi del sole e, quindi, per assicurare una regolare sintesi della vitamina D, ci si può affidare a specifiche fonti alimentari, che garantiscono un’adeguata assunzione di questa preziosa sostanza e consentono di assicurarne il fabbisogno giornaliero.

Gli alimenti ricchi di vitamina D

Il corpo produce vitamina D sia grazie all’esposizione della pelle ai raggi Uv-B (ultravioletti) del sole, sia tramite la dieta e, quindi, l’assunzione di alcuni cibi, che sono ricchi di questo nutriente.

Durante le stagioni fredde, autunno e inverno, le abitudini quotidiane tendono a essere più sedentarie e casalinghe. Ma, con il consumo giornaliero di alimenti a base di vitamina D, si può sopperire all’assenza dell’esposizione solare che ci priva di questa importante vitamina.

Vitamina D: un indicatore di retinopatia diabetica

I soggetti che hanno più difficoltà a raggiungere il fabbisogno giornaliero di vitamina D devono, invece, ricorrere all’assunzione di specifici integratori alimentari, sotto la guida e il monitoraggio del medico di famiglia. Il ricorso agli integrazione alimentare è spesso la soluzione necessaria per chi soffre di obesità, e per alcuni soggetti fragili, quali i neonati, gli anziani e i soggetti con patologie intestinali.

I cibi possono contenere nello specifico vitamina D2 e vitamina D3, che vengono chiamate rispettivamente “ergocalciferolo” e “colecalciferolo”.

Riportiamo un elenco di 11 alimenti che contengono buone quantità di vitamina D:

  • Funghi
  • Carne di fegato
  • Fegato di bovino
  • Olio di fegato di merluzzo
  • Burro
  • Formaggi grassi
  • Sgombro
  • Tonno
  • Salmone
  • Ostriche
  • Gamberi

Di ciascuno di questi alimenti bisogna poi individuare le quantità che è consigliabile consumare, in base al proprio gusto, al proprio indice di massa corporarea e alle caratteristiche nutrizionali di ciascun alimento.

Gli alimenti ricchi di vitamina D sono spesso di origine animale, più che vegetale. Tuttavia esistono varie opzioni per un’alimentazione vegetariana, ricca di vitamina D, ponendo sempre attenzione alle quantità, per seguire una dieta varia e allo stesso tempo equilibrata.

Nella fonte vegetale della vitamina D rientrano principalmente i funghi selvatici, e in misura minore, verdure con foglie verdi, come spinaci, erbette e bietole. Tra gli alimenti vegetali che contengono una percentuale più alta di vitamina D, potete trovare i funghi porcini e, a seguire, lo spugnolo, il finferlo, il chiodino e il fungo prataiolo, il più povero di vitamina D: per darvi un’idea più precisa, 100 gr di funghi porcini contengono 3,00 µg di vitamine contro lo 0,45 µg dei prataioli. Se voleste prendere la vitamina D esclusivamente dai funghi, avreste bisogno di una quantità pari a 625 µg/die, tuttavia, trattandosi di alimenti tossici e contaminati, è sconsigliato di assumerne un quantitativo eccessivo ed è sempre meglio optare per una dieta variegata.

Anche il cacao contiene vitamina D2, che si trova principalmente nel cioccolato fondente. I chicchi di cacao durante l’essiccamento sotto il sole assimilano questa vitamina così importante per la salute del nostro organismo.

La vitamina D3, soprannominata anche “vitamina del sole”, proviene principalmente da fonte animale. Pertanto può essere assimilata, oltre che attraverso l’esposizione solare, anche attraverso cibi come carne di fegato e fegato di bovino; latticini e derivati del latte, come burro e formaggi grassi; ma si trova anche nel tuorlo delle uova; nell’olio di fegato di merluzzo; in pesci grassi come lo sgombro, il tonno, il salmone, la trota salmonata, l’anguilla, il pesce spada, la carpa, le sardine e le aringhe; nei frutti di mare come le ostriche o i gamberi.

Tra questi alimenti l’olio di fegato di merluzzo è quello con il più alto livello di vitamina D (circa 210 µg per ogni 100 g) ma non è solitamente consumabile se non attraverso integratori o usando prodotti come l’olio di alghe o l’olio di krill. Per quanto riguarda i pesci grassi come il salmone, le aringhe e i pesci azzurri, questi contengono 25 µg per ogni 100 g.

Tra le carni spicca il fegato, che contiene 0,5 µg per ogni 100 g. Riguardo ai derivati del latte, il burro contiene fino a 0,75 µg per ogni 100 g e i formaggi grassi ne contengono 0,5 µg, mentre i tuorli d’uovo hanno 1,75 µg di vitamina D per ogni 100 g.

Quanto appena detto conferma che, in generale la vitamina D è più presente negli alimenti di origine animale. Questo potrebbe essere un limite per coloro che hanno un’intolleranza al lattosio o che seguono una dieta vegana o vegetariana.

Tuttavia esistono dei cibi “forticati” di vitamina D come i cerali, la farina di avena, il succo di arancia, come anche frutta secca ricca di Omega 3, tra cui le noci o le mandorle.

Bibliografia

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