Da alcuni anni la chirurgia del glaucoma è stata oggetto di rinnovato interesse, con la comparsa di nuove tipologie di intervento e la rivalutazione dell’approccio ab interno.
drenanti, valvolati e non), a seconda che l’umore acqueo venga drenato a livello della porzione anteriore o posteriore del bulbo. Le filtranti anteriori possono poi essere divise in penetranti (ad es. trabeculectomia) e non penetranti (ad es. sclerectomia profonda), a seconda che vi sia o meno un ingresso diretto in camera anteriore (Fig. 1).
Tutte queste procedure, con l’esclusione delle filtranti anteriori non perforanti e delle filtranti posteriori, possono essere eseguite sia con un approccio ab esterno sia con un approccio ab interno.
Le procedure ciclodistruttive vengono generalmente riservate agli stadi molto avanzati o terminali delle forme refrattarie, con lo scopo prevalente di ridurre o evitare la sintomatologia algica. La domanda che sorge spontanea è: perché se il trattamento chirurgico garantisce un migliore controllo della pressione endoculare, viene riservato generalmente ai casi in cui la terapia medica è insufficiente a garantire un adeguato controllo tonometrico?
La risposta sta nel fatto che le filtranti anteriori sono soggette a una incidenza non trascurabile di fallimenti e di complicanze. La incostanza dei risultati può essere compendiata nel fatto che la chirurgia filtrante, nonostante tutti i miglioramenti apportati nel corso degli anni, rimane sempre un intervento in cui “viene praticato un buco nell’occhio sperando che funzioni, ma non troppo”. La affermazione è brutale ma, pur non rendendo conto delle migliorie apportate alla originaria tecnica descritta da Cairns, ha un suo fondo di verità, che risiede principalmente nella variabile della risposta cicatriziale individuale.
Varie ed importanti modifiche alla tecnica originaria della trabeculectomia sono state apportate allo scopo di ridurne fallimenti e aumentarne la sicurezza.
[caption id="attachment_1556" align="aligncenter" width="436"] Fig. 2. Varianti alla tecnica di Cairns.[/caption]
Tra le varianti più significative (Fig. 2) ricordiamo:
1. L’uso degli antimetaboliti, volto ad aumentare l’efficacia dell’intervento. Tali farmaci sono ormai indispensabili nella massima parte dei casi, viste le alterazioni infiammatorie, indotte nel tessuto sottocongiuntivale dalle terapie topiche prolungate, che hanno indotto un aumento significativo del numero dei fallimenti. Nonostante i tentativi di standardizzazione l’uso di questi farmaci (off label) soffre di una considerevole dose di empirismo e può portare a gravi complicanze anche a distanza di tempo.
2. Le suture rilasciabili, a livello dello sportello sclerale esterno. Tali suture se adeguatamente posizionate e serrate riducono fortemente la filtrazione nell’immediato periodo postoperatorio, consentendo di aumentarla al momento del loro rilascio. La riduzione della filtrazione nell’immediato periodo postoperatorio è essenziale, in quanto la massima parte delle complicanze si verifica nell’immediato periodo postoperatorio ed è generalmente legata alla ipotonia. Oltre a eliminare la ipotonia, una buona chiusura dello sportello sclerale, riduce la produzione di acqueo di seconda formazione, ricco di fattori stimolanti la cicatrizzazione e aumenta le possibilità di successo.
[caption id="attachment_1557" align="alignleft" width="300"] Fig. 3. La sclerectomia profonda.[/caption]
3. La chirurgia non perforante, nata anche essa per ridurre le complicanze postoperatorie legate alla ipotonia. In questa chirurgia viene lasciata in situ la membrana trabeculodescemetica, che costituisce un ulteriore punto di regolazione della filtrazione. In questi pazienti abbiamo, quindi, una filtrazione interna (dalla camera anteriore al lago sclerale attraverso la membrana trabeculodescemetica ed una filtrazione esterna (dal lago sclerale allo spazio sottocongiuntivale analogamente a tutte le filtranti anteriori). La tecnica aumenta indubbiamente la sicurezza, ma richiede un follow up stretto ed accurato in quanto i punti di filtrazione sono ora 2 (Fig. 3) e ciascuno di essi può bloccarsi dando un ipertono; in tal caso, per una terapia adeguata, è necessario individuare la sede del blocco (esterno od interno), mediante la gonioscopia e la ultrabiomicroscopia ed intervenire conseguentemente.
4. La chirurgia armata, ovvero l’impiego di ExPress. L’ExPress è sostanzialmente un piccolo chiodo forato che viene direttamente impiantato sotto lo sportello sclerale, sostituendo il tempo chirurgico della trabeculectomia ed eliminando la iridectomia. In questo modo si ha il vantaggio di lavorare praticamente a camera chiusa (evitando complicanze intraoperatorie quali, ad esempio, l’incarceramento dell’iride nel sito di trabeculectomia), di garantire un flusso costante (eliminando la variabilità dovuta alle dimensioni della trabeculectomia) e di ridurre la incidenza di emorragie e flogosi in camera anteriore, avendo evitato di creare una vera e propria ferita chirurgica in comunicazione diretta con la camera anteriore (Fig. 4).
La esperienza personale mi ha portato a scegliere l’impianto di ExPress unitamente all’uso di antimetaboliti e delle suture rilasciabili come migliore compromesso per quanto riguarda la sicurezza, la efficacia e la semplificazione del follow up.
[caption id="attachment_1558" align="aligncenter" width="438"] Fig. 4. A sinistra: trabeculectomia. A destra: impianto di Express[/caption]
La possibilità di eseguire ab interno un intervento filtrante anteriore dopo i tentativi di Worst è oggi oggetto di nuove attenzioni con un inserto tubulare in collagene (Fig. 5 Aquesys), che appare molto promettente, almeno da un punto di vista teorico, ma che essendo in fase di sperimentazione non dispone di dati significativi.
[caption id="attachment_1559" align="aligncenter" width="433"] Fig. 5. Aquesys. A sinistra: impianto ab-interno. A destra: schema di funzionamento.[/caption]
Le filtranti posteriori: l’impiego di inserti drenanti valvolati e non, sino a poco tempo fa considerato l’ultima spiaggia, è oggi oggetto di rivalutazione nei confronti della trabeculectomia, in rapporto alle recenti evidenze comparse in letteratura.
In questo tipo di intervento l’umore acqueo viene deviato nello spazio sottotenoniano posteriore; con tale premessa è possibile utilizzare la colla di fibrina nella porzione anteriore del bulbo, ottenendo una chiusura dei tessuti perfettamente stagna e riducendo al minimo le possibilità di ipotonia nel postoperatorio precoce.
I limiti delle filtranti posteriori risiedono fondamentalmente nella vetustà degli impianti attualmente disponibili, che essendo stati progettati circa 20 anni fa hanno caratteristiche non consone alla moderna microchirurgia: basti ad esempio ricordare come è effettuato l’ingresso in camera anteriore con un grossolano tubo di silicone.
La via sovracoroideale
Postulata da Heine agli inizi del ‘900, ripresa da Strampelli negli anni 60 con la ciclodiastasi, intervento efficace ma gravato un tasso di complicanze non accettabile, ha conosciuto nuova vita con il Gold Shunt ed il CyPass. Il Gold Shunt, nelle varie versioni, è sostanzialmente un inserto drenante in oro che viene inserito ab esterno con una estremità nella camera anteriore ed una estremità nello spazio sovracoroideale.
La esperienza personale al riguardo (oltre 80 casi) ha evidenziato come dopo risultati discreti nel breve-medio termine si vada incontro al fallimento
[caption id="attachment_1560" align="alignleft" width="300"] Fig. 6. A sinistra il Gold Shunt. A destra preparato istologico di Gold Shunt asportato: la fibrosi circonda ed invade lo shunt nella sua porzione distale.[/caption]
, soprattutto per cicatrizzazione nello spazio sovracoroideale (Fig. 6). Questo spazio è stato erroneamente ritenuto da alcuni uno spazio scarsamente reattivo: si tratta invece di uno spazio al di fuori della barriera emato-oftalmica, riccamente vascolarizzato e caratterizzato da una forte risposta fibroblastica all’insulto chirurgico.
Il CyPass inserito con una procedura ab interno (Fig. 7), molto meno traumatizzante rispetto alla procedura ab esterno del Gold Shunt, ha dato risultati discreti nel breve termine, ma mancano studi controllati che ne verifichino l’efficacia nel tempo e, anche se la flogosi postoperatoria indotta è significativamente minore rispetto al Gold Shunt,
potrebbe avere lo stesso destino nel lungo termine.
[caption id="attachment_1561" align="aligncenter" width="432"] Fig. 7. Inserzione del CyPass.[/caption]
l ripristino delle vie naturali di deflusso
La eliminazione dell’ostacolo presente a livello trabecolare si può effettuare con procedure ab esterno e procedure ab interno. Tra le procedure ab esterno la più comunemente eseguita è indubbiamente la canaloplastica, una evoluzione della viscocanalostomia. La canaloplastica è un intervento complesso che, come tutti gli interventi ab externo, impegna una considerevole porzione della congiuntiva dei quadranti superiori (elemento da tenere in considerazione nel caso di necessità di reintervento per fallimento) e i cui risultati in letteratura sono comparabili a quelli delle filtranti non perforanti. Una semplificazione attualmente allo studio è l’impiego dei dilatatori canalicolari di Stegman che vengono impiantati nel canale di Schlemm al posto del filo in prolene.
[caption id="attachment_1562" align="alignleft" width="300"] Fig. 8. Il CyPass.[/caption]
Le procedure ab interno sono invece numerose: le più note sono il Trabectome, e gli impianti canalicolari iStent ed Hydrus. Di queste Trabectome e iStent sono state approvate dalla FDA statunitense mentre l’Hydrus, di più recente introduzione, nella mia esperienza sembra dare i risultati migliori. Si tratta di uno stent in nitinol (Fig. 8) che viene inserito nel canale di Schlemm per via gonioscopica e lo mantiene dilatato; la sua lunghezza (8 mm) dà il vantaggio rispetto all’iStent (1 mm) di agire su una porzione più lunga del canale con maggiori possibilità, se non con la certezza, di interessare parti in cui siano presenti gli orifici dei canali collettori.
Conclusioni
Le procedure ab interno nei confronti delle procedure ab esterno presentano vantaggi significativi:
– la ridotta traumaticità : il decorso postoperatorio è generalmente tranquillissimo, paragonabile a quello di una facoemulsificazione.
– Il rapidissimo recupero funzionale.
– La ridotta incidenza e gravità delle complicanze: a tale proposito va sottolineato come, anche in caso di un errato posizionamento dello stent nel corpo ciliare, non sono state riportate complicanze devastanti, ma soltanto il non funzionamento dello stent stesso. La complicanza più frequente è un lieve versamento ematico in camera anteriore che al massimo persiste pochi giorni.
– Il risparmio della congiuntiva: che lascia sempre la opzione di una chirurgia filtrante tradizionale in caso di fallimento.
– La assenza di una bozza filtrante, per le procedure che interessano il canale di Schlemm o lo spazio sovracoroideale.
– La rapidità dell’intervento stesso che dura pochi minuti.
[caption id="attachment_1563" align="alignleft" width="300"] Fig. 9. Ipotetico algoritmo di trattamento.[/caption]
Significativo può essere il fatto che la maggior parte dei pazienti operati con queste tecniche chiede lo stesso intervento per il secondo occhio. Di contro si deve riportare che le tecniche gonioscopiche sono inusuali per la massima parte dei chirurghi, che possono trovarsi inizialmente a disagio. È comunque chiaro che l’approccio ab interno ha grossi vantaggi ed enormi possibilità di sviluppo e la sua diffusione sarà facilitata dallo sviluppo di nuovi strumenti per la visualizzazione dell’angolo camerulare.
Con queste premesse si può provare a ipotizzare quello che probabilmente potrebbe essere l’algoritmo di trattamento in un prossimo futuro (Fig. 9). Ove possibile il primo approccio sarà con tecniche ab interno per il ripristino delle vie naturali di deflusso, seguito in caso di fallimento da un approccio ab interno nello spazio sovracoroideale, seguito a sua volta da una filtrante anteriore (ab esterno o ab interno) ed infine da una filtrante posteriore in caso di fallimento dei precedenti.
Il futuro si presenta, quindi, affascinante e potremmo concludere come Sir Winston Churchill: «Now this is not the end. It is not even the beginning of the end. But it is, perhaps, the end of the beginning».
Marco Nardi
Dr. Carmelo Chines
Direttore responsabile